Intervista a Raffaele Drei, presidente di Fedagripesca Confcooperative
Cinquantanove anni, faentino, imprenditore agricolo, dallo scorso dicembre 2024 Raffaele Drei è stato eletto presidente di Fedagripesca Confcooperative. Con lui abbiamo fatto il punto sul settore agroalimentare italiano in questo periodo storico complesso e delicato.
Il settore vitivinicolo italiano è uno dei fiori all’occhiello dell’agroalimentare nazionale. Quali sono, secondo lei, le priorità per tutelare e rafforzare la competitività del vino italiano sui mercati esteri?
“Il vino italiano sta attraversando un momento molto difficile, per via delle diverse sfide che è chiamato a fronteggiare sia sui mercati internazionali sia su quello interno. Da un lato, le tensioni commerciali globali e l’imposizione dei nuovi dazi da parte degli Usa stanno rendendo più difficile per le imprese riuscire a mantenere la propria competitività. Dall’altro, anche il mercato interno risente di un calo dei consumi, legato in parte all’impatto dell’inflazione sul potere d’acquisto delle famiglie.
C’è poi anche la questione dei messaggi salutistici che stanno influenzando le abitudini di consumo e la percezione del vino. Da alcuni anni il vino è purtroppo, insieme alle altre bevande alcoliche, al centro di iniziative anche di natura politica fondate su divieti e una comunicazione di tipo allarmistica. Però a mio avviso si commette un errore, che è quello di equiparare il vino con l’alcol, dimenticando che il vino è responsabile della assunzione di alcol per meno della metà del consumo medio procapite italiano. Il vino è un alimento, da sempre parte integrante della dieta mediterranea, e riveste come tale un “valore” storico, economico e culturale. Un valore non può essere assolutamente disperso.
È per questo che come organizzazione cooperativa – in considerazione anche del fatto che il 50% di tutto il vino prodotto in Italia passa per le cantine cooperative – siamo impegnati in prima linea per delineare e costruire per il settore nuove strategie di risposta ai mutati scenari del comparto. L’obiettivo è valorizzare e tutelare un prodotto che è un emblema del nostro Made in Italy, per restituire al vino i tanti valori positivi che lo caratterizzano, anche nella promozione di una cultura del bere consapevole”.
Per l’export agroalimentare italiano permangono ostacoli come dazi e barriere tariffarie. Come possono le cooperative affrontare queste sfide e quali strumenti servirebbero a livello europeo?
“Gli accordi di libero scambio che la Commissione negozia con i paesi extra UE hanno come obiettivo principale quello di rimuovere le barriere tariffarie per consentire a migliaia di imprese di ampliare i propri mercati di riferimento. Alcuni comparti come il vino o i formaggi maggiormente votati all’export traggono in molti casi indubbi vantaggi dagli accordi, anche per via del riconoscimento di maggiori protezione e tutela per le Indicazioni Geografiche.
C’è tuttavia un nodo cruciale, ovvero la profonda disparità tra gli standard qualitativi e sanitari dei paesi terzi e quelli invece che sono imposti ai produttori europei dalle normative comunitarie, volte a tutelare la salute dei consumatori e a ridurre l’impatto ambientale. È fondamentale quindi a nostro avviso che tutti gli accordi commerciali europei, a partire da quello in fase di ratifica con i paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) garantiscano un reale equilibrio tra i vari settori coinvolti nella liberalizzazione tariffaria. Gli agricoltori europei non possono essere esposti a una concorrenza sleale da parte di operatori che non rispettano gli stessi standard ambientali, sanitari e di benessere animale richiesti nell’Unione europea. È indispensabile assicurare la reciprocità e per questo la nostra federazione continuerà a chiedere all’Europa strumenti e norme che limitino l’attuale disparità di condizioni tra i produttori”.
La nuova Politica Agricola Comune (PAC) è in discussione in un contesto economico difficile. Qual è il suo giudizio sulle misure previste e quali correttivi ritiene necessari per rendere la PAC più vicina alle reali esigenze delle imprese agricole cooperative?
“La Politica Agricola Comune rappresenta da sempre uno dei pilastri fondanti dell’Unione Europea, è stata per decenni l’unica vera politica comunitaria capace di garantire coesione, stabilità e sviluppo ai territori agricoli, oltre che a garantire la produzione di cibo per un intero continente. Per questo motivo, la prospettiva di inserire le risorse agricole in un fondo unico, come è previsto nella proposta presentata lo scorso luglio dalla Commissione Europea, rappresenta un passo indietro preoccupante. Significherebbe, di fatto, smantellare la PAC così come l’abbiamo conosciuta, riducendo le risorse a disposizione e rinazionalizzando le varie politiche di sostegno al comparto.
Un approccio che rischia di generare gravi distorsioni competitive tra Stati membri e di minare l’essenza stessa del progetto europeo. In un momento storico segnato da forti tensioni geopolitiche, instabilità dei mercati e crescente pressione sui produttori, questa scelta appare ancora più incomprensibile. L’Europa non può permettersi di abbandonare il proprio settore agricolo. Sarebbe necessario, al contrario, rafforzare la PAC come leva strategica per la competitività, l’innovazione e la sostenibilità delle filiere agricole e cooperative europee. Come cooperazione chiederemo all’Europa misure mirate al sostegno degli investimenti, alla promozione dell’aggregazione tra imprese e alla valorizzazione delle produzioni di qualità, elementi che hanno permesso al nostro agroalimentare di essere un modello di eccellenza riconosciuto nel mondo”.
In un contesto globale sempre più competitivo, che ruolo possono avere le filiere cooperative nel garantire qualità, tracciabilità e sostenibilità ai prodotti agricoli italiani?
“La cooperazione è un modello imprenditoriale che riesce ad aiutare le aziende agricole ad essere più competitive sul mercato, garantendo una distribuzione più equa del valore lungo la filiera. Le singole aziende, specie quelle piccole, spesso subiscono le dinamiche economiche senza avere la forza di incidere sulle condizioni che regolano la vendita dei loro prodotti. La cooperazione, attraverso l’aggregazione dell’offerta, consente invece di superare la frammentazione e di costruire un sistema più equilibrato”.
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