Intervista alla senatrice Daniela Sbrollini
Daniela Sbrollini è senatrice in quota Italia Viva, già vicepresidente della X Commissione “Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale”, e attuale capogruppo della VII “Cultura e patrimonio culturale, istruzione pubblica, ricerca scientifica, spettacolo e sport. Con lei abbiamo parlato di spinosi e delicati temi del nostro paese: in primissima, sanità e politiche sociali.
Senatrice Sbrollini, lei è stata Vicepresidente della X Commissione Affari sociali, sanità, lavoro e previdenza sociale del Senato e negli scorsi giorni ha commentato i numeri diffusi da Fondazione Gimbe sulla carenza di pediatri di famiglia. Cosa può dirci?
“Nel campo della pediatria di base si riscontrano le stesse criticità che si ritrovano nella organizzazione sanitaria della medicina di base. Troppo pochi nuovi pediatri, quelli in esercizio con una età media elevata e quindi con pensionamenti alle porte. L’attuale carenza di oltre 800 pediatri di libera scelta è diffusa in tutta la penisola, ma il 75,7 % delle carenze è concentrato in Lombardia, Piemonte e Veneto. L’invecchiamento del personale inoltre fa si che oltre 1700 pediatri raggiungano l’età della pensione entro l’anno prossimo. Il rapporto ottimale ci dice che ogni pediatra non dovrebbe avere oltre 800 minori assistiti; oggi, invece in alcune regioni si va oltre i 1000 assistiti per pediatra. Questo si traduce in difficoltà per le famiglie di trovare un pediatra di libera scelta, mentre a ciò si aggiungono complicazioni per le famiglie con risposte burocratiche complesse e tardive da parte delle Asl”.
Più in generale, come valuta l’azione del governo Meloni in campo sanitario e socio-assistenziale?
“Siamo di fronte ad un progressivo smantellamento del servizio sanitario di base. Il processo è diverso tra regione e regione, ovviamente. Ma il quadro è in costante peggioramento. E’ evidente il disegno di lasciare sempre più spazio alla sanità privata. Non si tratta di una resa per insostenibilità del sistema sanitario, ma di una scelta ideologica. Il Governo Meloni ha accelerato questo processo che noi consideriamo estremamente pericoloso. E’ nei fatti un nuovo carico indiretto sulle famiglie con risvolti pesanti per il ceto medio e drammatico per le famiglie già ai margini. Così si nega il diritto universale alla salute previsto dalla Costituzione. Con tanti saluti alla propaganda Meloniana sulla famiglia”.
In Italia, a suo giudizio, è in atto un percorso di desertificazione dell’offerta territoriale dei servizi socio-sanitari? Se si, come invertire la rotta?
“Si. E’ evidente. La prima difesa della salute si fa sul territorio. La prevenzione si fa con la medicina di base. L’educazione alimentare si fa con il medico di base e con il supporto delle scuole. Di tutto questo che abbiamo? Mancano i pediatri, come abbiamo detto, ma mancano anche circa 5000 medici di base. Ci sono migliaia di cittadini che non hanno il medico di base, non lo cercano neppure. Eppure sappiamo quanto sia importante un riferimento continuo ed attento del nostro madico. Una volta detto di “fiducia”, oggi medico di base; ma pur sempre un aiuto fondamentale se si vuole invecchiare nel miglior modo possibile senza pesare troppo sulle casse dello stato (vedi ricoveri ospedalieri) o sul conto corrente personale (quando uno ha la fortuna di averne uno capiente). Come Italia Viva abbiamo fatto delle proposte (inascoltate purtroppo) di utilizzare finanziamenti che dovevano favorire l’assunzione di medici e di infermieri in numero sufficiente a coprire le esigenze attuali ed il turn over previsto. Però attenzione! Il Ministero sull’uso dei fondi ha oggi davvero poca autorità. Sono poi le Regioni che ne fanno buono o cattivo uso. I fondi non dovrebbero servire a coprire le inefficienze e i disavanzi. Dovrebbero essere utilizzati per investimenti sul personale. Il fattore umano in sanità è fondamentale come e più che in altri settori”.
Una domanda, in tema di politiche sociali, come sta messo il nostro paese?
“Benino in alcune regioni, male in altre. In stato di peggioramento. L’idea di separare sempre più il sociale dal sanitario accelera questo processo di deterioramento. Le famiglie in difficoltà economica aumentano, le famiglie in stato di povertà si moltiplicano. L’abbandono educativo, sanitario e scolastico di giovani cittadini è sotto gli occhi quotidiani della cronaca”.
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