Attualità

INVESTIAMO SUL “BEL PAESE”

di Redazione -


L’Italia, ormai da troppo tempo, versa in una crisi economico-sociale che, per certi versi, sembra irreversibile. Il nostro sistema industriale arranca sempre di più e ogni giorno diventano più numerose le situazioni che portano a minacce di chiusura, se non a vere e proprie dismissioni, di stabilimenti con la messa in disoccupazione o in cassa integrazione di migliaia di lavoratori. E il caso della ex-Ilva è l’ultimo tassello di un tessuto economico e sociale che in Italia si va sbriciolando, mentre governo, imprenditori e sindacati sembrano impotenti nel fronteggiare questa vera e propria emergenza nazionale. Forse, quindi, vale la pena riconsiderare la nostra politica in tema di sviluppo ed occupazione. Finora, infatti, ci si è ostinati a difendere l’esistente, ma questo tipo di azione ha portato a continue ritirate, con la vendita a stranieri delle nostre migliori aziende, con lo spostamento all’estero di molte attività manifatturiere, con la progressiva riduzione di posti di lavoro dovuta anche alla sempre maggiore automazione di lavori una volta molto appetiti (vedi per esempio il settore bancario). Sembra quindi che siamo condannati ad un progressivo indebolimento del nostro sistema economico-industriale il che si traduce anche in un sempre maggiore fenomeno di nuova emigrazione: solo che questa volta, ad andarsene, non sono gli strati più deboli e poveri della popolazione, ma quelli con maggiore istruzione, ovvero i giovani laureati che, di fronte ad offerte di lavoro sempre più scarse e inferiori al proprio titolo di studio, cercano all’estero – e le trovano – occupazioni ben remunerate e consone al livello di conoscenza conseguito. Dobbiamo arrenderci a questo lento declino oppure tentare altre vie per risollevarci? Ebbene, una strada da intraprendere, a mio avviso, esiste e si chiama RISCOPERTA DELLA CULTURA come valore economico da sfruttare. L’Italia, infatti, è ricolma di tesori naturali, archeologici, artistici e culturali che ci vengono invidiati da tutto il mondo. Fino ad oggi, questa vera e propria risorsa è stata poco sfruttata ed il turismo internazionale, in pratica, viene convogliato a visitare pochi grandi centri: Roma, Firenze, Venezia in primis. Questo avviene sia per scarsa conoscenza di tutto quello che l’Italia può offrire, sia per la mancanza di infrastrutture, sia (colpa nostra) per la poca valorizzazione di quanto possono offrire al turista le nostre venti regioni. Per fare un esempio, l’alta velocità, in pratica, divide la penisola in due parti: il centronord da una parte ed il sud e le isole dall’altra. Parafrasando il romanzo di  Carlo Levi “Cristo si è fermato a Eboli”, diciamo che la “Tav si è fermata a Salerno”, per cui tutta la vecchia “Magna Grecia” è fuori dai grandi circuiti turistici. Eppure il nostro meridione è ricchissimo di storia, di monumenti, di opere d’arte e potrebbe calamitare l’attenzione di italiani e stranieri. Chi si sarebbe mai recato a Matera, con i suoi “Sassi”, se la città della Basilicata non fosse stata nominata “Capitale europea della cultura 2019”? Ben pochi vista la difficoltà dei collegamenti ferroviari, stradali ed aerei. Eppure, nonostante ciò, è bastata una buona campagna di comunicazione per farvi  convergere frotte di turisti e l’intera regione ne ha beneficiato. Altro esempio è dato dalla Sicilia, Possibile che per andare da Palermo (città bellissima e ricchissima di storia) a Catania (all’ombra dell’Etna) ci vogliano ore ed ore di treno o di pullman? E con l’auto va solo un pochino meglio. Queste difficoltà di collegamenti disincentivano molti turisti che, invece, se avessero una maggiore facilità di movimento, potrebbero pensare di dedicare qualche giorno delle loro vacanze per visitare la “Trinacria” nella sua interezza. Qualche tempo fa, un ministro disse, per giustificare i tagli nel bilancio statale al settore, che “con la cultura non si mangia”, Non è così. Con la valorizzazione del nostro patrimonio storico, artistico e naturalistico, si potrebbe “mangiare” eccome. Anche perché le bellezze architettoniche, delle quali siamo enormemente ricchi,  potrebbero essere apprezzate per l’intero anno e non solo per la stagione estiva.

Susanna Ricci


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