Esteri

Invio di armi: si apre un nuovo fronte tra Germania e Polonia

Duda accusa Berlino di non aver mantenuto la promessa di rimpiazzare gli armamenti che Varsavia ha inviato all’Ucraina: ennesimo capitolo di uno scontro che risale alla Seconda guerra mondiale

di Federico Cenci -


La guerra in Ucraina innesca una nuova polemica tra Germania e Polonia. Il motivo del contendere è l’approvvigionamento di armi. Secondo il presidente polacco, Andrzej Duda, intervistato dal giornale tedesco Die Welt, Berlino non avrebbe mantenuto la parola data.

“Il governo tedesco non ha mantenuto la sua promessa. E francamente, siamo molto delusi da questo”, ha detto. E ha dunque aggiunto: “Abbiamo fornito all’Ucraina un gran numero di carri armati, perché riteniamo che questa sia la nostra responsabilità di vicini”. Duda ha però sottolineato che la Polonia confida nel sostegno di Nato, Stati Unti e Germania per rimpiazzare gli armamenti di cui si è privata: “La maggior parte del nostro arsenale di carri armati nelle forze armate polacche sono carri armati tedeschi Leopard. Quindi, se fossimo supportati dalla Germania, se potessimo sostituirli, ne saremmo molto felici”.

Quella tra Polonia e Germania si conferma, dunque, una relazione complicata. Nella nazione teutonica vive la più grande comunità polacca in Europa e l’import tedesco in Polonia vale circa 33 miliardi di euro. A fare da corollario a questi due dati, tuttavia, vi è una serie di precedenti storici che testimonia come non corra buon sangue: le ferite della Seconda guerra mondiale, del resto, non si sono mai rimarginate del tutto, come ha dimostrato il governo polacco nell’estate scorsa quando, in occasione del 73esimo anniversario della rivolta di Varsavia, ha formulato ufficialmente la richiesta alla Germania di un risarcimento di decine di miliardi di euro per i danni subiti durante l’occupazione nazista. Un atto, quello della Polonia, che non ha fatto altro che alzare una tensione preesistente e dovuta a ragioni più concrete rispetto al passato bellico: in sede europea le due nazioni si sono sovente scontrate sui temi dell’accoglienza degli immigrati e delle politiche in favore degli Lgbt. Atavica è anche la riluttanza polacca al progetto russo-tedesco del Nord Stream 2, accusato in tempi non sospetti da parte di Varsavia di aumentare la dipendenza energetica dell’Europa da Mosca. E a cui la Polonia ha risposto con la Baltic Pipe, una conduttura che trasposta gas liquido dagli Stati Uniti passando per Norvegia, Danimarca e, appunto, Polonia.

Non va poi dimenticata quella che alcuni osservatori hanno battezzato come la “guerra del carbone”. A Turow, cittadina polacca al confine con Germania e Cechia, in quella che un tempo era la regione dei Sudeti, sorge una miniera di lignite che ha quasi un secolo di età. La lignite prodotta a Turow alimenta soprattutto una vicina centrale elettrica che, da sola, produce circa l’8 per cento del fabbisogno di elettricità della nazione. Ma secondo Praga e Berlino, la centrale è causa di pericolosi livelli di inquinamento atmosferico e acustico e prosciuga le riserve d’acqua della falda freatica che si trova lungo il confine. La questione è finita alla Corte di Giustizia europea, che nel settembre scorso ha comminato a Varsavia una multa di 500 mila euro al giorno da pagare direttamente alla Commissione europea. Secondo i giudici, la Polonia avrebbe violato la direttiva sull’impatto ambientale. Ma Varsavia ha fissato al 2049 la data per l’abbandono definitivo del carbone e non intende concedere sconti. Lo scontro continua.


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