Esteri

Iran-Pakistan, Pechino si propone come mediatore

di Ernesto Ferrante -


La risposta militare di Islamabad agli attacchi missilistici iraniani contro due roccaforti del gruppo estremista sunnita Jaish al-Adl sul territorio pakistano, è arrivata dopo appena 48 ore. “Attacchi militari di precisione altamente coordinati e specificamente mirati contro i nascondigli dei terroristi” nella provincia iraniana di confine del Sistan e Baluchistan li ha definiti il Ministero degli Affari esteri del Pakistan.

L’azione è stata intrapresa “alla luce di informazioni credibili riguardanti imminenti attività terroristiche su larga scala da parte dei cosiddetti Sarmachar”, ha affermato il dicastero in un comunicato. “Un certo numero di terroristi sono stati uccisi durante l’operazione d’intelligence denominata in codice ‘Marg Bar Sarmachar’”, si legge ancora. Almeno sette località vicino a Saravan, compresi i villaggi di Shamsar e Haghabad, sono state presi di mira dalle forze pachistane. Nel raid sono morti due uomini, tre donne e quattro bambini.

“Nel corso degli ultimi anni, nei nostri impegni con l’Iran, recita la nota ufficiale, il Pakistan ha costantemente condiviso le sue serie preoccupazioni per i rifugi sicuri e i santuari di cui godono i terroristi di origine pakistana che si fanno chiamare ‘Sarmachar’ negli spazi non governati all’interno dell’Iran. Il Pakistan ha anche condiviso diversi dossier con prove concrete della presenza e delle attività di questi terroristi. Tuttavia, a causa della mancanza di azione sulle nostre gravi preoccupazioni, questi cosiddetti Sarmachar hanno continuato a versare impunemente il sangue di pakistani innocenti”.

L’opzione armata viene definita “una manifestazione dell’incrollabile determinazione del Pakistan a proteggere e difendere la propria sicurezza nazionale contro tutte le minacce”. Le autorità pakistane continueranno “a prendere tutte le misure necessarie per preservare la sicurezza e l’incolumità del suo popolo, che è sacrosanta, inviolabile e sacra”. Ribadito il pieno rispetto “della sovranità e ‘integrità territoriale della Repubblica islamica dell’Iran, paese fraterno”.

Il primo ministro ad interim del Pakistan, Anwar-ul-Haq Kakar, “ha deciso di abbreviare la sua visita” a Davos, per il World Economic Forum, “visti gli sviluppi in corso”.
Il ministero degli Esteri iraniano ha convocato immediatamente “l’incaricato d’affari pachistano a Teheran per una spiegazione”. L’escalation ha messo in grande allarme Pechino. “La Cina è disposta a svolgere un ruolo di mediazione”, ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning.
Contro la Repubblica islamica dell’Iran si è scagliato il presidente israeliano Isaac Herzog, con parole al vetriolo che rischiano di rendere ancora più complicata la crisi in atto: “C’è un impero del male che arriva dall’Iran che spende miliardi di dollari in armi per far deragliare la stabilità della regione e del mondo. E questo deve essere affrontato da una coalizione molto forte”.

Gli Usa sanno che il fuoco acceso a Gaza può divampare in tutta l’area, con rese dei conti a catena. Il premier israeliano Netanyhau avrebbe respinto una proposta del segretario di Stato Usa, Antony Blinken, per la “normalizzazione” con l’Arabia Saudita in cambio di un “percorso” per la nascita di uno Stato palestinese. Un piano simile sarebbe stato messo a punto anche dagli Stati Arabi. Per Blinken, l’indisponibilità della leadership di Tel Aviv “porterà la storia a ripetersi”.

Due delegazioni militari di alto livello, una statunitense e una britannica, sono arrivate al Cairo per fare il punto della situazione sugli ultimi sviluppi nella Striscia di Gaza e nel Mar Rosso con i funzionari egiziani. La rappresentanza militare americana è giunta a bordo di un aereo allo scalo militare orientale della capitale egiziana da Amman ed è composta dai vertici del comando delle forze terrestri americane. Quella britannica, di cui fanno parte anche figure apicali del Ministero della Difesa, è partita dalla base aeronautica di Northolt della Royal Air Force britannica.


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