Ambiente

Italia hub per l’idrogeno

di Alessio Gallicola -


Pnrr, ora tocca alle Regioni

Nove miliardi per 21 Progetti Bandiera. Un progetto costruito “dal basso” con gli enti locali, che dovranno trovare il loro protagonismo. Negli ultimi tempi sul Pnrr sono piovute critiche e richieste di rimodulazione da più parti. Non solo gli ambientalisti contro Cingolani, anche le imprese e le stesse istituzioni locali sembrano aver abbandonato la luna di miele col programma che promette fondi sulla strada dello sviluppo. E il governo si ritrova stretto tra gli assilli della crisi energetica e la necessità di fornire risposte all’Europa.

Arriva così la risposta di Draghi, chiamato a replicare a polemiche e pressing di questi ultimi mesi su un Pnrr già “cotto” e non più aderente ad un Sistema Paese tramortito prima dalla pandemia e poi dal conflitto russo-ucraino. E la risposta è nei nove miliardi allocati per i 21 progetti che il premier illustra insieme ai presidenti di Regioni confluiti a Palazzo Chigi per firmare l’intesa: “Il Pnrr è un piano che parte dal basso – scandisce -. Non deve essere interpretato solo come un grande documento che è stato studiato tra Bruxelles e Roma”. Lì in “basso” ci sono le Regioni, cui è affidata la responsabilità di trasformare in realtà il grande obiettivo: fare dell’Italia un grande hub dell’idrogeno.
Una sfida reale e ampia, quindi. Il ministro per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, la carica di significato: “Saremo in linea con i migliori Paesi d’Europa, in un settore che è strategico per il futuro”. I protagonisti sono già individuati: Piemonte, Friuli-Venezia-Giulia, Umbria, Basilicata e Puglia in una distribuzione, che appare tutt’altro che casuale, delle opportunità per aree geografiche.
“Saranno costruiti – spiega Cingolani – distretti per l’idrogeno verde, prodotto attraverso la tecnica dell’idrolisi, alimentata a sola energia elettrica verde. Due i target. Un primo a scadenza 2023, un altro più a lungo termine con fine a giugno 2026. Il primo passo sarà identificare le zone industriali dismesse per i distretti dell’idrogeno, che dovranno produrre meno di 3 tonnellate di anidride carbonica per tonnellata di gas”.
Già avviati, nelle regioni interessate, i censimenti delle aree dei siti dismessi da destinare alla produzione. C’è, per esempio, il  Piemonte che da qualche mese ha avviato un monitoraggio, pensando innanzitutto alle aree storiche negli anni passati occupati da tutta la filiera del settore automobilistico, per il quale auspica pure una sorta di recupero della forza lavoro da tempo lontana dal mondo produttivo dopo essere stata lì impegnata.

E mentre la Puglia guarda all’Ilva di Taranto come motore ideale di una nuova stagione fondata sulla produzione di idrogeno e sulla scorta di un’ampia esperienza nella produzione di energie rinnovabili, la Basilicata, che vanta una significativa storia produttiva per il petrolio, il gas e l’eolico, punta a continuare l’emancipazione dalle fonti fossili grazie all’idrogeno.
Una sfida che, per Draghi, significa anche dare risposte concrete a due indicatori storicamente deficitari nel Paese: crescita e occupazione. La cartina di tornasole, non si nasconde il premier, è l’Ilva di Taranto, un grosso problema cui assegnare un grande futuro, proprio grazie all’idrogeno verde.

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