Politica

“Italia sotto scacco di Eni e Leonardo. Petrolio e armi, altro che politica estera”

di Edoardo Sirignano -

EMANUELE DESSI' PARTITO COMUNISTA


“Italia sotto scacco di Eni e Leonardo. Petrolio e armi, altro che politica estera”. È quanto sostiene Emanuele Dessì, ex senatore ed esperto di Mediterraneo.
Tanti i milioni dati ai paesi del Maghreb per limitare le partenze. Nonostante ciò, assistiamo a tragedie, come quella di Cutro…
L’Italia non dà i soldi al Nord Africa, ma a un governo illegittimo come quello di Tripoli, frutto di un accordo tra le grandi potenze occidentali, in particolare tra Usa e Inghilterra. Risorse, che dovrebbero servire a garantire una serie di materie prime di cui il nostro Paese ha bisogno, vanno a finire in mano a milizie private, tribali, che gestiscono il traffico di migranti.
Negli ultimi anni, quanti soldi sono arrivati ai gruppi armati a cui fa riferimento?
Gli diamo centinaia di migliaia di euro, forse milioni. Tutto ciò dopo avergli dato attrezzature belliche, navi da guerra. Mezzi che dovrebbero servire per azioni di controllo, non essendoci rendicontazioni e controlli, vengono utilizzati per altri scopi. Risorse seguono percorsi ignoti allo stesso governo italiano.
A cosa potrebbero, invece, servire gli aiuti?
Al posto di criminalizzare il governo legittimo di Bengasi-Tobruk, bisognerebbe favorire i rapporti commerciali, eliminare le sanzioni. Basta offese come quelle della Meloni, che durante l’ultimo viaggio ha ben pensato di non visitare un esecutivo che rappresenta il 70 per cento della Libia. Così il problema resta. Si risolverebbe, invece, favorendo la ricostruzione di un paese, vittima delle primavere arabe, delle guerre dell’Isis e dei disastri degli ultimi anni. Tanti migranti avrebbero un lavoro e non sarebbero costretti a imbarcarsi sul primo barcone disponibile.
Il caso libico è isolato?
Egitto, Tunisia e Marocco hanno raggiunto una quasi normalità. In Libia, invece, si vive una situazione particolare perché non si sa chi ha il controllo. Mentre le parti in causa sono impegnate a controbattersi, c’è chi ne approfitta per attività criminali.
Altro problema quello asiatico. L’Italia, ad esempio, fa bene a fidarsi di Erdogan sulla questione siriana?
Il problema è sempre lo stesso: pretendiamo che la gente rimanga e non scappa da territori massacrati dalla nostra indifferenza. Mentre parliamo dell’Ucraina da oltre un anno, ci dimenticano di conflitti di cui siamo corresponsabili. Mi riferisco allo Yemen e alla Siria. In un territorio distrutto, dove si muore di fame a causa di ingiustificabili sanzioni, imposte dall’Occidente, le persone hanno una sola possibilità: fuggire. Non può esserci sicurezza, dove interminabili ostilità e un terremoto devastante hanno tirato giù tutto quello che c’era. Dove, però, ci sono situazioni di difficoltà e incertezza, ci sono sempre criminali che fanno affari sulla pelle di indifesi e deboli. Ecco perché una Turchia, sempre più centrale in tutto, lo diventa anche per quanto concerne i traffici illeciti.
Come giudica le ultime dichiarazioni di Piantedosi?
Sono parole scandalose che non appartengono a un uomo delle istituzioni, che dovrebbe innanzitutto conoscere le difficoltà del mondo che lo circonda. Sono dichiarazioni da ignorante al bar e non di chi dovrebbe garantire appunto stabilità. Abbiamo smesso di essere protagonisti nel pianeta e nel Mediterraneo da un decennio. Le uniche espressioni nazionali nel Mare nostrum sono l’Eni, perché si va a prendere le materie prime e il gruppo Leonardo-Finmeccanica che vende armi. Il governo, invece, è assente. Non facciamo politica estera, da anni, in Palestina, permettendo che un intero popolo venga massacrato quotidianamente, così come non ci occupiamo della Siria, consentendo che gli Usa facciano una guerra perché non gli sta bene un presidente. Medesimo ragionamento vale per Libia o Yemen, dove non diciamo nulla contro l’aggressore perché nostro fornitore privilegiato di petrolio. L’Italia non conta nulla nello scacchiere internazionale. Si è ridotta a essere cavalier servente delle strutture sovrannazionali
Come aiutare, intanto, chi arriva?
Sono contento se si esce dalla logica della Bossi-Fini, delle barriere sul mare, della mancata assistenza ai popoli in fuga. Detto ciò, l’immigrazione è un fenomeno mondiale, che coinvolge centinaia di milioni di persone. Le rotte sono le più varie. Ci sono quelle drammatiche del mare che tutti conosciamo, ma anche quelle balcaniche, iberiche. Piantedosi e il governo di destra dovrebbero capire che gente affamata non ha paura di niente. Preferisce rischiare, soprattutto quando ha bambini piccoli a cui garantire un futuro migliore. Non ha certamente i televisori o i telefonini per informarsi. Non possiamo, quindi, far altro che accogliere le persone nel miglior modo possibile, cioè garantendo loro lavori veri, assistenza, residenze cristiane e non buttarle in Sprar o affidarle a enti benefici, che poi le fanno vivere con due euro al giorno. Altro che onlus, è caporalato. Il salario minimo, ad esempio, potrebbe essere utilizzato in tal senso.
Anche il nuovo reddito proposto dalla Meloni?
A mio parere è una trappola. I 9 euro di cui si parla sono lordi, 6 euro netti. Significa che una persona, lavorando 8 ore, va a guadagnare 40 euro al giorno. Se moltiplichiamo tale cifra per 21 giorni lavorativi, sono 900 euro. Cifra, che considerando l’attuale inflazione o meglio ancora speculazione, non consente una vita dignitosa. Con questi soldi non si può fare la spesa, pagare l’affitto, riempire il serbatoio dell’auto. Qualcuno dimentica che il costo della quotidianità è triplicato. Il nuovo strumento, voluto dall’esecutivo delle destre non è un salto in avanti, ma un doppio salto mortale indietro. Sarebbe stato meglio recuperare quanto di buono fatto in passato, come la scala mobile di Craxi.

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