Cultura & Spettacolo

JK place the place to be

di Nicola Santini -


Non solo all day dining, formula già collaudata fin dall’apertura, grazie alla quale al JK Place, uno degli alberghi più eleganti della Capitale, accolgono clienti in sosta e dall’esterno, con una cucina sempre aperta che si è già guadagnata la medaglia per il miglior club sandwich in town.

Se a tutte le ore del giorno c’è sempre qualcosa di buono da mangiare, con un menù glocal, ossia internazionale ma con sensibili influenze nostrane, due sono i momenti cult per cui vale prendere nota e programmare una tappa speciale, che significa gustare la cucina con tutti i 5 sensi: il fine dining, subito dopo l’aperitivo, e il pranzo della domenica, perfetto per l’autunno che sta arrivando anche se con calma, e dove tutto gira intorno all’arrosto.

Ci si sente a casa lontano da casa. Che la casa sia dietro l’angolo (uno dei marcatori dell’eccellente qualità di un posto è se anche i viziati del quartiere lo scelgono) o che sia l’accomodation di lusso per qualche giorno, è sufficiente varcare la porta e accomodarsi su uno dei divani o nella sala da pranzo con le luci soffuse, che già il saluto di chi ti accoglie, le tante piccole attenzioni e i sorrisi intorno ti dicono, senza parlare, welcome to the club. Maria Strati, che dirige l’hotel ed è praticamente l’ottavo Re di Roma, sa quanto dalla cucina dipenda la percezione che si ha dell’esperienza in un posto. Niente è trascurato: dal profumo di melograno nelle aree comuni, al pensiero sul menù, che deve poter incuriosire sia il vasto pubblico internazionale che popola le stanze e le suite dell’hotel nel cuore di Roma, sia i romani stessi, che, col passaparola, lo hanno eletto place to be, grazie al perfetto mix di atmosfera, design, eccellente cucina e servizio che fa toccare ogni singola punta delle 5 meritatissime stelle. I piatti sono squisitamente romani, riletti e riscritti in chiave contemporanea, con un tocco francese. Ognuno racconta le radici “da romano dei castelli” come si presenta con fierezza lo chef Giordano Gianforchetti, e le influenzedi studi ed esperienze nelle cucine più raffinate di Parigi e Chambery. Ecco, per esempio che al classico carciofo alla romana si abbina una salsa di cacio e pepe. Se poi uno il cacio e pepe lo vuole sullo spaghetto, la risposta è sì: c’è. Ma vale la pena affidarsi alla creativa innovazione di un giovane che ama scrivere di giorno in giorno la storia della cucina italiana.

L’obiettivo della sua sfida, da quando è entrato nella cucina del JK Place, è stato proprio quello di “raccontare idee ed emozioni attraverso i piatti, ricordandoci sì che siamo a Roma ma che a Roma ci passa tutto il mondo”.

E così ci ritroviamo in piatto una crocchetta di patate e baccalà con cremoso al limone, un ragout di cortile, così come un tagliolino zafferano e limone ( classico di certe tavole romane) dove si tuffa una bisque di gambero rosso di Mazara, battuto e aggiunto alla formula classica. Il tripudio di sapori è incredibile.Il gioco sulle consistenze (cremosa, crunchy, morbida) altamente sensoriale. I dolci? Sono assolutamente top.


Torna alle notizie in home