Editoriale

LA BANCA DELLE BUGIE

di Tommaso Cerno -

Tommaso Cerno


 

Le banche cedono alla verità. A un sistema economico che ha smesso di funzionare da tempo, impegnato in una guerra senza ragione, a scapito di chi vive in Europa. Una guerra che lascerà cicatrici enormi e che, se l’Occidente non troverà in breve tempo una via d’uscita, sarà lo spartiacque fra un prima e un dopo Europa Unita. La Francia è messa a ferro e fuoco per la riforma delle pensioni. E se quei cittadini in piazza non sono cialtroni come lo siamo invece noi, che abbiamo digerito come obbligatorie le peggiori riforme possibili in materia di previdenza, lo sono quei commentatori che riescono a trovare nell’ennesimo fallimento di un Paese fondatore dell’Unione Europea le ragioni per applaudire. Ormai ce la diciamo e ce la raccontiamo, ce la suoniamo e ce la cantiamo. Abbiamo intrapreso una rocambolesca difesa della salute pubblica contro il Covid, che ha messo in ginocchio il continente e oggi mostra tutte le bugie e gli errori che la classe politica ha fatto, prima in buona fede poi sapendo bene di che si trattava. E quando avevamo promesso di ripartire, ci siamo imbattuti in una guerra internazionale sulla ripartizione dei grandi capitali dei mondi finanziari, e ci siamo convinti che fosse davvero una guerra per la democrazia. Non entro nel merito di questo dibattito stucchevole che per fortuna trova gli italiani molto più avanti dei grandi esperti e della stessa classe politica, ma è sotto gli occhi di tutti che si tratta dell’ennesima bugia che sta deteriorando il sistema economico, finanziario, sociale di quello che una volta era il continente democratico proiettato al futuro. Dobbiamo essere consapevoli che questi non sono errori in buona fede. E dobbiamo dirci con chiarezza che la strada che stiamo percorrendo è senza uscita, il che può significare due sole cose: chi ce l’ha fatta imboccare è fesso, ipotesi non credibile visto il potere che gestisce da decenni, oppure qualcuno ci sta guadagnando alla faccia degli altri. Abbiamo provato a credere alla versione ufficiale. Ma ogni giorno ci mostra che l’Italia non è sola nella crisi europea, non come ci mostrano oggi anche le Borse che crollano non tanto per effetto di un episodio o di una crisi bancaria, ma perché le regole su cui si fondava il dinamismo della nostra economia, già di per sé ingiusta e non eguale quando funziona, non hanno più aderenza con quanto ci avviene intorno. E così ogni nostra azione ha smesso di corrispondere a una reazione prevedibile e prevista, lasciando un senso di indeterminatezza e di abbandono nella parte più debole, e più numerosa, della popolazione italiana ed europea.
Dobbiamo cambiare rotta e dirci tutta la verità, se vogliamo anche solo provare a riprendere in mano il rebus della nostra crisi più grande degli ultimi decenni, uscire dal labirinto in cui ci siamo volontariamente persi, e tentare di dare alla democrazia una direzione che corrisponda davvero a ciò che nel mondo sta avvenendo e che sia quindi capace di trovare nuovi algoritmi per rispondere alle sfide globali e policentriche che hanno messo a repentaglio il nostro sistema di sicurezza sociale, politico e economico. Se non faremo questo perderemo credibilità anche in quella parte dell’Europa che ancora riesce a navigare in questo mare improvvisamente mosso. E una volta che la deriva sarà chiara a tutti sarà molto difficile recuperare.

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