Attualità

LA BATTAGLIA DELL’ACQUA UNA SENTENZA STORICA

di Ivano Tolettini -


Una sentenza di portata storica. C’è bisogno della gara pubblica per rinnovare le concessioni idriche per la produzione di energia elettrica. L’istituto della proroga tacita non ha più valore. La Cassazione è tranciante. Diventa così un punto fermo nel braccio di ferro tra la Regione Abruzzo da una parte e il gruppo della chimica di base Todisco, concessionario della centrale idroelettrica con una società controllata, dall’altra. A prevalere è l’interesse pubblico, come previsto dal decreto legislativo del 1° aprile 1999, numero 77, che recepisce la direttiva comunitaria del ’92. La legge liberalizza il mercato elettrico e per le concessioni di derivazioni idriche per produrre energia prevede tassativamente la gara pubblica. La norma del ’99 annulla la precedente disciplina del 1982. La sentenza firmata da Francesco Tirelli ha ricadute non solo in Abruzzo, ma in tutta Italia, soprattutto nell’arco alpino settentrionale. Stabilisce che non esiste più la proroga tacita delle concessioni a scopi idroelettrici una volta scadute. E alle gare pubbliche possono presentarsi anche i Comuni. La vicenda di Bussi sul Tirino è paradigmatica. Per i giudici la Regione non solo ha fatto bene a chiedere il canone aggiuntivo a partire dal 2014, quando a Bussi operava la Solvay, perché in base alla concessione del 1980 l’azienda chimica aveva l’energia a fini industriali a un prezzo irrisorio rispetto a quello di mercato, ma fin dal 2019 la concessione avrebbe dovuto andare all’asta. La Cassazione con l’ordinanza del 9 febbraio respinge la richiesta della Società Chimica Bussi (SCB) spa dopo una battaglia legale con la Regione durata alcuni anni. Un brutto colpo per l’azienda controllata da Gestioni Industriali spa, che fa parte del gruppo Todisco ed è amministrata da Domenico Greco, che chiedeva l’annullamento della sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (TSAP) del 29 luglio 2021.

IL VERDETTO

Tutto ha inizio quando SCB respinge la bolletta del canone aggiuntivo sul presupposto di avere diritto alla proroga fino al 2019. Ma la Regione risponde picche e il 14 gennaio 2019 respinge la domanda di SCB che aveva chiesto di completare il procedimento amministrativo addirittura instaurato nel lontano 1997 dalla cosiddetta “dante causa” Ausimont, che all’epoca gestiva il sito chimico di Bussi prima ancora che entrasse in azione nel 2002 la Solvay, che nel 2016 lo ha poi venduto al gruppo Todisco. Ausimont chiedeva la proroga della “concessione di grande derivazione ai fini idroelettrici denominata Tirino Medio” per 30 anni. Se fosse avvenuto per SCB, che fattura una ottantina di milioni di euro, fino al 31 ottobre 2049 avrebbe potuto beneficiare di un consistente risparmio. Invece, per i supremi giudici quanto stabilito dal TSAP, che aveva già respinto il ricorso una prima volta ancora nel 2019, è corretto. Vale a dire che l’autoproduzione non esclude la necessità di una proroga espressa della concessione, non essendo legittima la “proroga tacita” come invece sosteneva la ricorrente. SCB spa è proprietaria degli impianti del cloro-soda e del clorito, e per l’approvvigionamento di una parte rilevante dell’energia si avvale della turbina azionata dalla derivazione idrica Tirino Medio rilasciata, come scrive la Cassazione, in base ad antichi titoli che furono prorogati fino agli anni Ottanta.

LA CONVENZIONE

Nel 1987 Ausimont spa e l’Enel firmarono una convenzione per regolare i rispettivi rapporti e ammodernare la centrale elettrica di Bussi. In quella sede Enel propose ai ministeri dei Lavori Pubblici e dell’Industria la proroga della concessione ad Ausimont fino al 31 ottobre 2019. E il 9 settembre 1997 Ausimont presentò l’istanza ai due ministeri interessati per estendere la concessione fino al 2019. Ma la domanda non venne mai riscontrata né dai ministeri in questione né dalla Regione, che nel 1998 subentrò allo Stato per il trasferimento delle competenze amministrative nella gestione del demanio idrico e delle concessioni di derivazione idrica.

SOLVAY E TODISCO

Quindi tra il settembre 2009 e l’aprile 2010 Solvay, che era subentrata ad Ausimont nella gestione del ciclo del cloro-soda a Bussi, chiese ancora alla Regione la proroga della concessione. Cosa che fece anche SCB spa, subentrata alla Solvay nel ’16, quando l’ad Greco e l’azionista di riferimento Todisco – che è alle prese a Brescia con altri imputati con una richiesta di rinvio a giudizio per disastro ambientale per l’inquinamento della Caffaro srl -, rinnovarono il 12 aprile ’18 la richiesta di proroga. Se fosse stata concessa sarebbe decaduto il pagamento del canone aggiuntivo sulla vantaggiosa concessione. Basti dire che in sede di Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, il 9 maggio 2017 emerse che SCB paga l’energia elettrica a Bussi a un prezzo 5 volte inferiore rispetto ai valori di mercato. E nell’ultimo anno questo vantaggio è accresciuto. Si comprende perché il gruppo Todisco, che ha avuto un finanziamento di 15 milioni di euro da Invitalia per costruire l’impianto del clorito, volesse il rinnovo. Tuttavia, il TSAP aveva stabilito “la decadenza della ricorrente SCB spa dalla facoltà di agire per far dichiarare il silenzio-inadempimento della Regione sull’istanza di concessione” prevista dalla legge del 1982. Adesso la Cassazione respingendo per la seconda volta – la prima volta fu nell’autunno 2020 – i motivi del ricorso del gruppo Todisco perché “non è configurabile la proroga tacita”, apre la strada alla gara pubblica per il rinnovo della concessione scaduta nel 2019.

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