Economia

La bolla superbonus

di Cristiana Flaminio -


Il Pil sale ma non troppo. La crescita dell’economia, nel 2022, è stata pari al 3,7%. Peggio dell’anno scorso e, sicuramente, sotto le aspettative. Quelle vere, però, non quelle pubblicate al ribasso, scaramanticamente, dal penultimo governo. L’Italia, come tutto il resto del continente e del mondo, ha scontato il secondo cigno nero in tre anni: dopo la pandemia, l’insorgere del conflitto in Ucraina. Secondo l’Istat, a trainare la crescita sono stati i bonus edilizi. Primo tra tutti, chiaramente, il Superbonus. Ma il Ministero dell’Economia e della Finanza si affretta a smorzare gli entusiasmi: non c’è la minima speranza che possa tornare. E, anzi, da via XX settembre arriva un commento con una nota polemica rispetto alle conclusioni elaborate dagli analisti Istat: “Il Mef prende atto delle decisioni degli istituti di statistica indipendenti che mettono un punto fermo sulla vicenda contabile, i riflessi sul bilancio dei bonus edilizi e delle cessioni dei crediti introdotti a decorrere dal 2020. Il governo con trasparenza, coerenza e responsabilità è impegnato ad assicurare un’uscita sostenibile da misure non replicabili nelle medesime forme”. Non c’è una lira: “La correzione delle norme sui bonus edilizi è stato – ha evidenziato il Mef – l’indispensabile presupposto a tutela dei conti pubblici per il 2023, invertendo una tendenza negativa certificata oggi dall’Istat”. Dunque il dicastero retto dal ministro Giancarlo Giorgetti chiosa: “Il governo è al lavoro con tutti i soggetti interessati per risolvere il grave problema di liquidità finanziaria delle imprese ereditato da imprudenti misure di cessione del credito non adeguatamente valutate nei loro impatti al momento della loro introduzione”.

 

Ma il M5s non ci sta alla lettura che fa il governo dei dati pubblicati ieri dall’Istat. E con l’ex ministro Stefano Patuanelli, va all’attacco: “Il governo sta preparando l`ennesima retromarcia, questa volta sul Superbonus, per consentire la cedibilità dei crediti per gli incapienti, le case popolari, le Onlus e per il pacchetto relativo al Sismabonus. Nel mentre, Istat ha confermato che il Superbonus e più in generale la cessione dei crediti fiscali sono da considerare pagabili, hanno quindi un effetto sul deficit per gli anni dal 2020 al 2022, ma non hanno ricadute sul debito pubblico e soprattutto non intaccano gli esercizi futuri”. E incalza: “Anzi, secondo l`Istat il rapporto debito/Pil nel 2022 si attesta al 144,7% contro il 149,8% del 2021. Il dato è migliore delle stime della Nadef che indicavano per lo scorso anno un debito al 145,7% del Pil, questo nonostante il ricalcolo del deficit. Il grande buco che ha sfasciato i conti pubblici, dunque, non è mai esistito. E, considerando la relazione sul debito pubblico, non ci sarebbe mai stato in ogni caso”. Pertanto, l’ex ministro tuona: “Un buco da 120 miliardi? Almeno scusatevi…”.

 

Tra i due litiganti, il terzo – cioé l’osservatorio Oxford Economics – fa i complimenti a Meloni. “Il governo è stato più deciso di altri governi precedenti nell’agire, essendo consapevole dei rischi finanziari. Il congelamento del sistema di credito d’imposta potrebbe tradursi in una normalizzazione molto più rapida del settore delle costruzioni dopo alcuni anni di boom finanziato dal governo e potrebbe portare gli investimenti residenziali privati a tornare ai livelli del 2019 entro il prossimo anno, determinando un calo cumulativo di oltre il 20% rispetto ai livelli attuali”. E infine: “La decisione odierna mostra che queste misure su larga scala introdotte durante la pandemia dal governo Conte II senza un attento esame avrebbero potuto intaccare la già fragile sostenibilità fiscale e la credibilità dell’Italia”.


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