Attualità

La Cassazione non è il Parlamento

di Alberto Filippi -


La Corte di Cassazione, con la sentenza 20.415, ha aperto la strada ai patti prematrimoniali. In sostanza, per la prima volta in Italia i coniugi potranno regolare in anticipo gli aspetti patrimoniali del divorzio.

Lo dico subito, per chiarezza: io sono favorevole a questo tipo di accordi. Li considero utili, moderni, perfino di buon senso in un’epoca in cui i matrimoni finiscono molto più spesso di quanto si immagini e i contenziosi lasciano ferite profonde non solo nelle persone ma anche nei patrimoni. È una scelta che responsabilizza gli adulti e riduce la litigiosità.

Eppure non posso non provare fastidio. Perché ancora una volta non è il Parlamento a decidere, ma la magistratura. La sostanza, per quanto condivisibile, non cancella il metodo, che è profondamente sbagliato. I giudici non hanno il compito di scrivere nuove regole. La loro funzione è far rispettare le leggi e già interpretarle per quanto mi riguarda è errato, tanto più crearle dal nulla.

Il nostro Paese conosce bene i danni di questa confusione. Abbiamo già vissuto stagioni in cui le toghe, con decisioni a dir poco discutibili, hanno finito per condizionare la vita politica e addirittura far cadere governi. È successo con Berlusconi, ma non solo. È successo ogni volta che un’aula di tribunale ha invaso il terreno che spetta al Parlamento.

I padri costituenti lo sapevano bene. Per questo hanno costruito un sistema di contrappesi, per impedire che un potere scavalcasse l’altro l’immunità parlamentare piaccia o non piaccia era un male necessario. La divisione dei poteri era la garanzia di una democrazia sana. Oggi quella barriera sembra sempre più fragile.

Ripeto: i patti prematrimoniali sono uno strumento che condivido e che forse serviva da tempo. Ma non posso accettare che sia la Cassazione a introdurli. Perché così si alimenta un corto circuito pericoloso. Un domani, con lo stesso metodo, i giudici potrebbero decidere su qualsiasi materia: fiscale, sociale, perfino costituzionale, senza alcun mandato democratico.

Il Parlamento, piaccia o no, è il luogo dove si scrivono le leggi. È il luogo delle maggioranze, dei compromessi, del dibattito pubblico. Non sempre funziona, non sempre è veloce, ma è lì che si esercita la sovranità popolare. Delegare di fatto alla magistratura il compito di scrivere nuove regole equivale a scardinare quell’equilibrio fragile che tiene in piedi la nostra democrazia.

Sì ai patti prematrimoniali, dunque. Ma no, mille volte no, a una giustizia che pretende di sostituirsi al legislatore. Perché il rischio è che, un pezzo alla volta, sia proprio lo Stato di diritto a finire in frantumi.


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