Attualità

IN GIUSTIZIA – La Corte Aia e la chance per gli accordi di Abramo

di Francesco Da Riva Grechi -


Il 29 dicembre 2023, il Sudafrica ha presentato una denuncia contro Israele per “genocidio” ai danni dei palestinesi di Gaza, alla Corte internazionale di giustizia (CIG), dell’AIA, ai sensi della Convenzione ONU sul genocidio del 1948, che prevede che gli Stati possano intraprendere azioni legali per prevenire il verificarsi di un crimine di genocidio. Le norme della Convenzione sono considerate diritto internazionale consuetudinario e quindi vincolanti per tutti gli Stati, indipendentemente dal fatto che siano o meno tra i 153 Paesi – compreso Israele – ad aver ratificato la Convenzione. Per questo Israele ha deciso di difendersi in giudizio, anche se ovviamente ritiene di essere nel pieno e legittimo esercizio del suo diritto ad esistere, sopravvivere e difendersi, a seguito del barbaro attacco del 7 ottobre 2023. In realtà, poiché la Corte dell’Aia non dispone di mezzi coercitivi per far rispettare i suoi verdetti, rimane solo un meccanismo di applicazione, se un Paese rifiuta un verdetto: chiedere al Consiglio di sicurezza di approvare una risoluzione.
Non sia andrà mai, quindi, oltre il tradizionale veto americano in tale sede, ogni volta che si pone ai voti una risoluzione contro Israele. Le misure provvisorie chieste dal Sudafrica includono la richiesta che Israele desista da atti descritti nell’articolo II della Convenzione sul genocidio, quali “uccidere membri di un gruppo protetto” e “infiggere deliberatamente a quel gruppo condizioni di vita mirate a portare alla sua totale o parziale distruzione”.
Ne consegue la richiesta a Israele di non eseguire trasferimenti forzati e di non privare i palestinesi dell’accesso adeguato al cibo, all’acqua, all’assistenza umanitaria e alle forniture mediche. Ai sensi della Convenzione nessuno, neanche i più alti esponenti di un governo, può invocare l’immunità personale per tali atti. “Non si vede la fine di questa massiccia sofferenza umana”, ha dichiarato Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International, secondo la quale il sistema israeliano di dominazione e oppressione ai danni dei palestinesi costituisce apartheid e che ha fornito al Sudafrica le prove per la sua denuncia.
In realtà è difficile configurare l’ipotesi giudica del genocidio che è cosa ben diversa, sia dall’apartheid, sia dai crimini di guerra, che entrambi stanno commettendo in violazione di tutti i diritti umani e del diritto internazionale umanitario.
Se l’iniziativa è stata di Hamas, il 7 ottobre 2023, la finalità sembra acclarato sia stata terroristica: boicottare il processo di pace di Israele avviato con gli “accordi di Abramo” e allora non ha senso accusare quest’ultimo di voler annientare e sterminare il popolo palestinese, che mai è stato oggetto di alcun attacco, neanche verbale, da parte di ebrei.
Giova a questo punto ricordare la lezione di Nicolò Machiavelli (Il Principe, cap. XVIII) : .
Se dunque un obiettivo serio può avere il giudizio presso la Corte dell’AIA sarebbe ripristinare lo status quo ante 7 ottobre e, anzi, rendere, attraverso la sua decisione, norma di diritto internazionale il processo degli accordi di Abramo, che sicuramente sono la garanzia migliore contro ogni possibile genocidio o anche crimine di guerra.


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