Attualità

La disfatta dell’Urbe: Expo a Riad, a noi l’Islam

di Rita Cavallaro -


Le mille e una notte dell’Arabia, quelle dei tappeti volanti e dei geni della lampada. Perché bisogna essere magici per sapere prima del voto di aver vinto l’Expo. O forse, in un mondo meno legato a incantesimi e più attaccato alle cose materiali, bisogna essere ricchi. Tanto ricchi come Riad, che è riuscita a strappare anche l’Expo2030, dopo essersi già aggiudicata i Mondiali di calcio del 2034. L’Arabia Saudita, con 119 voti, ha vinto la sfida contro Roma, arrivata terza con soli 17 “sì” dietro la sudcoreana Busan, che ha preso 29 preferenze.

Lo Stato islamico lo sapeva già, prima ancora che i delegati dei 165 Paesi riuniti nel Palais des Congrès di Issy- les-Moulineaux, a pochi chilometri da Parigi, decretassero il nome della città che ospiterà l’Esposizione universale. E lo ha annunciato, con l’arroganza del potere dei petrodollari, durante la presentazione di Riad. “Sono grato ai circa 130 Paesi che hanno già annunciato il loro sostegno alla candidatura del regno per Expo 2030”, ha detto il ministro degli Esteri saudita, il principe Faisal bin Farhan, nel corso del suo intervento in cui ha tessuto le lodi del Paese che non può essere certo un modello per le democrazie occidentali, visto che viola indiscriminatamente i diritti umani.

Eppure raggranella consensi a livello globale, anche quelli di chi si batte il petto contro la violenza sulle donne e le discriminazioni ai gay e poi si volta dall’altra parte. Il principe, forte di quei 130 voti a urne non ancora aperte, ha detto che l’evento di Riad “sarà un’Expo costruita dal mondo per il mondo, una realtà per realizzare le promesse di opportunità, inclusività, accessibilità e sostenibilità”. Costruita da quel mondo islamico che ormai vede gli occidentali come sudditi da conquistare. E che li sta realmente conquistando, attraverso la chiamata alla jihad, la radicalizzazione di interi territori del pianeta e l’operato dei fondi sovrani che preparano il prossimo round di mega acquisizioni di infrastrutture degli Stati, delle case degli italiani, delle banche europee.

In quello che sembra sempre più un Occidente in crisi, alle prese con un’integrazione diventata sopraffazione come nel caso di Monfalcone, gli arabi si prendono il mondo. E Riad vince al primo turno la sfida dell’Expo 2030 grazie al suo progetto megagalattico di investimenti miliardari e a programmi di sviluppo senza precedenti, che non hanno lasciato dubbi alla stragrande maggioranza dei delegati del Bie, il Bureai International des Exposition, e che non hanno dato scampo al tentativo di Busan di puntare tutto sui suoi big dell’industria tecnologica e automobilistica, né tantomeno a Roma, che si giocava la carta della bellezza e della sua storia millenaria, senza però tenere in considerazione quanto l’immagine di una città sporca e ostaggio dell’incapacità dei suoi amministratori potesse pesare sulla scelta, oscurando così tanto i millenni di storia.

Soprattutto perché quella storia è proprio ciò che l’Islam vuole cancellare, con le crociate a colpi di eventi mondiali attraverso i quali affermare la supremazia globale degli sceicchi, mentre nasconde le decine di operai morti per costruire grattacieli di lusso, stadi, nuovi alberghi, che cela le esecuzioni, le torture, la repressione della libertà di espressione. Riad che copre le storie delle vittime della tirannia saudita e del patriarcato islamico ma che sul palco parla di inclusività a chi già quelle storie le conosce, ma ha preferito sfoderare una consapevolezza forzata mentre scriveva il nome della città araba come vincitrice.

E a nulla sono valse le lettere inviate nei mesi scorsi al Bie da ben 12 ong, che avevano chiesto l’esclusione dell’Arabia Saudita dalla corsa a causa della situazione dei diritti umani nel Paese. Ciò che resta sullo sfondo, oggi, è la debacle di Roma e la delusione del sindaco Roberto Gualtieri per aver perso Expo2030, seppure qualche presagio sull’imminente sconfitta lo aveva già avuto nelle ultime settimane. Ai romani, invece, resta la delusione di avere come sindaco il deluso Gualtieri. Che per come sta messa Roma, già nel caos totale a causa delle opere per il Giubileo 2025, ci mancava solo l’Esposizione universale.


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