La “fabbrica dei bambini”: la piantagione di droga sparita dopo la denuncia alla policia militar
Nella storia della “fabbrica dei bambini” in Brasile che da mesi raccontiamo c’è un particolare più volte indicato e sul quale L’identità vuole ritornare: la droga. Lo abbiamo scritto ripetutamente e anche recentemente ribadito: nella vicenda non c’è dentro solo la tentata truffa denunciata dall’avvocato italiano Nunzio Bevilacqua, non solo la serie di artifici attraverso i quali, benché non gli si volle mai mostrare nessun documento clinico né diagnostico durante la gravidanza e tantomeno alla nascita – particolare che in un normale Paese di diritto sarebbe stato sufficiente per evincerne la frode – , lo si voleva convincere, attraverso surreali interventi di personaggi , anche vicini alla famiglia della stessa donna che esercitavano pratiche di magia nera (messaggi audio e Whatsapp esclusivi da noi pubblicati) , di essere genitore di una nascitura della donna che aveva frequentato per pochissimo tempo.
E non c’era stato solo – in un asse anticipato rispetto alle vicende dei giorni nostri in Italia ove Bevilacqua è alla ricerca di una sua denuncia sporta l’anno scorso alla Guardia di Finanza e, ad oggi, non rinvenuta negli uffici giudiziari della Capitale dopo essersi “dileguata” per strana coincidenza, prima dell’udienza della Gip che avrebbe potuto averne visione nel fascicolo ed estendere le indagini ad altre “attività sensibili” e ad alcuni possibili collegamenti, proprio in Italia, su cui Bevilacqua aveva già anticipato forti sospetti qualche mese fa all’AdnKronos – il mancato sostegno da parte del consolato del nostro Paese nel sud del Brasile alle indagini investigative difensive disposte da Bevilacqua e sviluppate per oltre 15 mesi in 4 Stati del Brasile dal noto avvocato criminalista Edson Ribeiro e dal suo pool investigativo.
Nella storia, anche l’inquietante accertamento – comprensivo di documentazione video-fotografica – di una coltivazione di piante apparentemente di epadu (la coca peruviana), quella utile alla produzione di cocaina, in cui l’avvocato brasiliano si era imbattuto dopo averne ricevuto notizia da una credibile segnalazione anonima che riferiva di “alberi di coca camuffati sotto alberi più alti”. La stessa fonte che lo ha condotto alla scoperta di altre cose riguardanti la Matriarca – in prossimità dell’università Federale di Santa Catarina a Florianopolis SC, alle spalle del Laboratorio Aquos.
Subito Ribeiro ne aveva rappresentato l’esistenza ad un esponente della “policia militar” di stazionamento sul posto. Il giorno dopo, in maniera inspiegabile, dopo essere ritornato sul luogo, verificava la totale eradicazione dell’intera piantagione. Una coincidenza troppo inquietante per non apparire sospetta. Davanti ai suoi occhi, l’eliminazione di ogni traccia di qualcosa che evidentemente preoccupava troppe persone e che avevano, molto probabilmente, nel proprio “raggio d’azione” anche le forze dell’ordine.
Ribeiro, nel settembre scorso, lo aveva raccontato in una videointervista all’agenzia nazionale Dire.
Una vera e propria, anche se indiretta, intimidazione nei confronti di chi, per conto di Bevilacqua, da settimane indagava alla ricerca della verità su quella che si delineava come una vera e propria organizzazione criminale. In quella occasione, l’emergere di una possibile coltivazione di droga. Un tema non di poco conto o marginale in quell’area del Brasile se solo, per esempio, durante lo stesso mese della videointervista di Ribeiro a Dire che ripubblichiamo qui sotto, proprio a Santa Catarina una cittadina del posto è stata arrestata mentre era in partenza dallo scalo aereo di Florianopolis, diretta verso l’ Italia a Venezia, con 4,5 chilogrammi di cocaina camuffata nella struttura del suo trolley. La droga a Florianopolis, argomento ricorrente delle cronache locali.
Nelle indagini di Ribeiro e ricordate nella sua intervista, come già narrato ai lettori de L’Identità, non solo la droga ma anche altre figure centrali nell’organizzazione: Alvaro detto l’Angelo Salvavidas, secondo alcuni riferimenti un bagnino di Rio de Janeiro in servizio nel Corpo locale dei Vigili del Fuoco (esaltato dall’organizzazione pseudo-religiosa come in grado di generare a sua volta degli “angeli”) o Miguel Angel (probabilmente un chimico di provenienza andina) e Carlos (probabilmente un praticante della macumba), presunti frequentatori, a vario titolo, della Casa della Matriarca, quella celata nel bosco ove la setta alloggiava le giovani incinte, le “agenti” alla ricerca di “capre” italiane o comunque occidentali, professionisti cui addossare altre imposte paternità.
(articolo aggiornato in data 18 novembre 2024)
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