Politica

La farsa del centro: Calenda e Letta tifano la destra

L’illusione del centro divide il Pd, il segretario Letta è preso tra due fuochi all’interno del partito: da una parte i fautori dell’alleanza con Calenda, dall’altra chi è poco convinto delle reali potenzialità elettorali del leader di Azione e spinge Letta ad evitare il matrimonio.

di Edoardo Sirignano -


Veti, insulti, appelli, incontri fissati e rinviati. Inizia così la corsa del centrosinistra. E la base dem in subbuglio contesta il segretario.

Veti, litigi, appuntamenti presi e poi saltati, botte e risposte via social, ultimatum sono solo alcune delle conseguenze dell’illusione di un centro di cui ancora non si conosce la reale potenzialità. Se la forza politica, guidata da Carlo Calenda, ha superato i dem nella capitale, in Italia la forza di Azione e di +Europa resta più di un semplice punto interrogativo. A dimostrarlo i recenti dati elettorali di Verona, dove la formazione moderata non ha superato la soglia dell’uno per cento.

Ecco perchè il Partito Democratico si spacca a metà sull’opportunità di accettare il “minimo sindacale” richiesto dall’ex ministro. C’è chi vorrebbe sfruttare il nuovo entusiasmo registrato nell’area centrista e chi invece è scettico sull’opportunità di portare in barca a tutti i costi i moderati vicini a Calenda. Tra gli scontenti soprattutto l’ala che guarda a sinistra. Secondo voci di palazzo, tra le stanze del Nazareno ci sarebbe più di qualcuno indisposto ad accettare ricatti e no immotivati, sia per quanto riguarda le alleanze che rispetto alle priorità da inserire nel programma.

Ad alimentare la tensione, poi, il tempo che stringe e un clima rovente che nei fatti rischia col favorire soltanto gli avversari conservatori, che almeno sulla carta sembrano essere più compatti rispetto agli avversari.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso sono state le ultime condizioni imposte dal leader di Azione tramite Twitter. L’ex titolare del Mise, senza giri di parole, ha chiesto al segretario dei dem di non candidare nei collegi uninominali Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana, Angelo Bonelli, numero uno dei Verdi e soprattutto Luigi Di Maio, ex titolare della Farnesina e fondatore insieme a Tabacci di Impegno Civico, neonata formazione centrista. “Non ci chiedete – ha cinguettato – il nostro simbolo per eleggere queste persone”.

Tali dichiarazioni, hanno costretto Enrico Letta a uscire allo scoperto. Il segretario dei dem, intezionato in un primo momento a non rispondere, ha dovuto scoprire le carte e far venire alla luce del sole quei malumori da tempo avvertiti a quelle latitudini.
Nonostante ciò, la priorità per il Partito Democratico è convincere tutti, senza preclusioni: “Per farlo – ha evidenziato in una nota diffusa alle agenzie – non bisogna essere escludenti, ma inclusivi. Sono pronto a incontrare tutte le anime del possibile centrosinistra, da quelle liberali, riformiste, conservatrici a quelle più di sinistra, ambientaliste, senza che si cominci con i veti e le esclusioni soprattutto personali”.
Il rappresentante dei dem, quindi, ha sottolineato come nei fatti non siano stati rispettati gli accordi: “Con Calenda ci eravamo stretti la mano, eravamo d’accordo, poi questa strada è stata fatta saltare”. A tali affermazioni, però, ha replicato ancora una volta il numero uno di Azione che ha chiesto ai dem, ancora una volta, di escludere dalla corsa nei collegi alcune anime della coalizione, chiudendo così una volta per tutte una diatriba che rischia di penalizzare l’intero campo progressista.

“Già accettare in coalizione Bonelli, Fratoianni e Di Maio – ha evidenziato Calenda – è problematico, ma ti siamo venuti incontro. D’altro canto ci impegnamo a non candidare negli uninominali personalità divisive sul centrosinistra”. Parole, quindi, risultate, ancora una volta, tutt’altro che concilianti.

La situazione non è migliore neanche per quanto concerne la cosiddetta agenda delle priorità. “Chiediamo risposte nette – ha battuto il pugno sul tavolo “er premier” – su rigassificatori e modifica del reddito di cittadinanza”. Tali nodi, per l’ex ministro, sarebbero sul tavolo da giorni, senza essere affrontati. Un momento teso, quindi, per il segretario dei democratici, che dovrà prima di tutto fare un punto con i suoi e poi con gli alleati, indispettiti dal sempre più frequente botta e risposta via social, nonché dall’illusione di un progetto moderato, di cui non si conosce ancora leadership e reali potenzialità.


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