Ambiente

La filiera alimentare alla sfida del circolare: 50mila tonnellate di materie plastiche da

di Redazione -


Un’intesa per assicurare alla filiera alimentare italiana soluzioni per imballaggi flessibili e sostenibili. E per avviare il recupero e il riciclo di 50mila tonnellate di materie plastiche. Questi gli obiettivi di un accordo promosso dal ministero dello Sviluppo economico.

Vi partecipano Unione Italiana Food (l’associazione che rappresenta 450 aziende del settore alimentare italiano), Giflex (che raggruppa 40 aziende produttrici di imballaggi flessibili destinati per l’80% al confezionamento di prodotti alimentari) e UCIMA (che rappresenta 200 aziende nel
settore dei costruttori Italiani di macchine automatiche per il confezionamento e l’imballaggio).

Nel nostro Paese , ogni anno, entrano sul mercato 180mila tonnellate di imballaggi flessibili, destinati per l’80% all’industria alimentare. I quali, poi, spesso vengono raccolti come rifiuti plastici misti e quindi non recuperati.

Una risorsa notevole. Arrivare a recuperare e riciclare circa 50mila tonnellate di materie plastiche da destinare ad una seconda vita, ipotizzando, come target di partenza, un recupero e riciclo del 50% di imballaggi flessibili raccolti è quanto si propone questo accordo.

Per questo, serviranno soluzioni tecniche, per migliorare i sistemi automatici di selezione e pretrattamento dei rifiuti di imballaggi, evitando che vengano inviati in discarica o all’incenerimento. Presupposto dell’intesa, la constatazione che il 70% degli imballaggi flessibili è riciclabile. Ma ancora limiti legislativi e tecnologici, legati alla composizione stessa degli imballaggi flessibili, per lo più multistrato multimateriale, impediscono che questo segmento dell’economia circolare possa essere avviato.

Gli ostacoli non sono pochi su questa strada, per un settore che, nei suoi tre comparti, sviluppa un fatturato di oltre 50 miliardi di euro. Sebbene il 70% degli imballaggi flessibili sia riciclabile, alcuni ostacoli tecnici – comuni anche ad altri materiali plastici – ne impediscono l’effettivo avvio a riciclo. Le tecnologie che selezionano i diversi imballaggi plastici, ad esempio, presentano limiti nel riconoscimento dei materiali di cui sono  composti, sia per le dimensioni degli imballi stessi che per alcune caratteristiche, come la metallizzazione dei film. Una circostanza che evidenzia uno stallo. Anche gli imballi 100% riciclabili non vengono di fatto riciclati: in Italia oltre il 50% dei
materiali plastici (inclusi gli imballaggi flessibili) viene raccolto come rifiuti plastici misti, ma non tutto può essere recuperato e di conseguenza viene inviato in discarica o all’incenerimento.

Affinché gli imballaggi flessibili possano passare da “riciclabili” a “riciclati” sarà necessario, inoltre, risolvere alcuni aspetti. In primo luogo, la ricerca di mercati di sbocco alternativi all’alimentare, visto che – con rare eccezioni – la legge impedisce di usare plastica riciclata negli imballaggi destinati agli alimenti. C’è poi un tema di gestione dell’imballaggio flessibile post-consumo da parte dei Comuni che, nonostante la riciclabilità, chiedono di conferire i film plastici nella frazione indifferenziata. Infine, c’è la grande questione delle tecnologie e della ricerca: trovare materiali sostitutivi o riconvertire strumenti e macchinari sono operazioni gravose dal punto di vista economico e soprattutto non sempre sono strade tecnicamente percorribili.

Una sfida complessa, ma indispensabile. Secondo il Piano per l’Economia Circolare dell’Unione Europea, entro il 2025 il 50% degli imballaggi plastici dovrà essere riciclabile, mentre entro il 2030 tutti gli imballaggi sul mercato dell’UE dovranno essere riutilizzabili o riciclabili in modo economicamente sostenibile.


Torna alle notizie in home