Quel detenuto modello, con una ciocca dei capelli e la foto della sua ultima vittima, trovati in tasca dopo il volo di sessanta metri dal Duomo di Milano. L’epilogo di tre giorni di follia, durante i quali l’indole da assassino di Emanuele De Maria è riaffiorata prepotente, dopo gli ultimi cinque anni in cui il carcerato 35enne napoletano era riuscito a tenerla così tanto sopita da convincere il sistema penitenziario di essere pronto al percorso di reinserimento sociale. Emanuele ha tenuto a bada i suoi demoni per più di un anno, conducendo una vita normale come addetto alla reception di un hotel a via Napo Torriani, nella zona della stazione. “Il lavoro mi rende libero, i colleghi mi accettano”, aveva detto lo scorso novembre in un’intervista a Confessione Reporter su Rete4, raccontando la sua esperienza di lavoro esterno e il rientro la sera in cella, un beneficio ottenuto dopo soli cinque dei dodici anni ai quali era stato condannato in via definitiva per aver ammazzato a coltellate, il 31 gennaio 2016 a Castel Volturno, Oumaima Racheb, una 23enne tunisina, senza fissa dimora, finita nel giro della prostituzione e della droga. Dopo il delitto De Maria era fuggito, riuscendo a rimanere latitante in Germania fino al 2018, quando è stato catturato ed estradato in Italia. Un passato criminale che sembrava superato. Fino allo scorso venerdì, quando il detenuto, che ormai da mesi aveva una relazione con la collega Chamila Wijesuriya, non aveva fatto rientro a Bollate, diventando di fatto un evaso. Ma i timori che quella di Emanuele fosse una “semplice” fuga si sono trasformati in tragedia la mattina di sabato: alle 6.15, il detenuto svanito nel nulla si presenta davanti all’hotel Berna e tenta di uccidere a coltellate il collega Hani Fouad Abdelghaffar Nasra. L’unica colpa della vittima? Aver consigliato Chamila, che aveva tra l’altro un marito e un figlio, di interrompere la relazione con De Maria. L’orrore, però, non è finito lì, perché Chamila non si trova da quasi un giorno. Venerdì sera la donna non era tornata a casa, il coniuge aveva provato a chiamarla tante volte, ma il cellulare squillava a vuoto. E gli squilli avevano richiamato l’attenzione di un addetto alla vigilanza della metro, che aveva trovato in un cestino dei rifiuti alla stazione Bignami il cellulare della donna, abbandonato da Emanuele dopo aver fatto alcune chiamate alla sua famiglia. “Vi chiedo perdono, ho fatto una cazzata”, aveva detto alla madre, per poi svanire nel nulla. Gli inquirenti, a quel punto, non hanno avuto più dubbi: De Maria è tornato a uccidere. D’altronde il contapassi dello smartphone di Chamila non registra più movimenti dalle 15.30 di venerdì. L’analisi della videosorveglianza della metro consente agli investigatori di individuare l’assassino e seguire tutti i suoi spostamenti, fino a quell’ultimo filmato che riprende i due amanti mentre camminano l’uno accanto all’altra in via Massimo Gorki a Cinisello Balsamo, vicino a casa della donna, per dirigersi infine verso il Parco Nord. Dal quale Chamila non uscirà più: il suo corpo è stato trovato massacrato a coltellate in un laghetto. Dell’assassino nessuna traccia, fino alle 13.42 di domenica, quando alcune persone in piazza vedono un’ombra schiantarsi a terra, dopo un volo di oltre sessanta metri dalla terrazza del Duomo. De Maria è morto sul colpo. In tasca una ciocca di capelli di Chamila e la foto del documento, che l’assassino ha staccato via con la stessa leggerezza con cui ha strappato la vita all’ennesima donna.