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LA GHIGLIOTTINA – Se l’italiano è troppo devoto (oli) all’inglese

di Redazione -


“Cringe, crush, fomo e token”: queste parole inglesi entrano nel Nuovo Devoto Oli, edizione curata dal compianto linguista Luca Serianni, scomparso di recente (è stato messo sotto mentre attraversava sulle strisce). “Fomo”, in auge tra i giovanissimi dopo che è stato introdotto dalla seguitissima e (semi)nudissima Victoria, bassista dei Maneskin, per di più è un acronimo: sta per “Fear Of Missing Out” ossia “paura di essere tagliati fuori”. La nostra paura è che ad essere fomo sia l’Italiano. E non per via dei neologismi, fisiologici nel linguaggio d’uso, ma per via del livello dell’esposizione orale dei nostri giovani. Il lessico ridotto al lumicino, “cosa”, “coso” e “cosare” in vece dei sostantivi e dei verbi appropriati. Il sovradosaggio di termini mutuati dal gergo hi-tech. Quelle aberrazioni (dei videogamer e degli utenti social) metà inglese-metà italiano che violentano entrambe le lingue. A tutto ciò ora si aggiunge l’ufficialità delle new entry (sì, lo scriviamo apposta) nel dizionario. Per spiegare il significato ai più grandi, dicono. Ma l’italiano ai più giovani, invece? Lo insegnano a scuola? Sì, come no.


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