Una raffica di segni “meno” ha caratterizzato, anche ieri, l’andamento delle Borse europee. La Bce, alzando i tassi ancora e ancora, ha, di fatto, congelato e mortificato gli affari sulle maggiori piazze di scambio continentali. Francoforte, alle 16 di ieri, aveva perso lo 0,43%, così come Amsterdam; Parigi l’1.04%. Tonfo a Bruxelles (-1,23%) e Londra, dove l’altro ieri la Bank of England, nonostante una netta spaccatura del board, ha deciso un altro avvitamento sui tassi di interesse, ha perduto l’1,21%. Milano, nel pomeriggio, reggeva a -0,02. Ma c’è poco da sorridere perché l’Italia non ne uscirà meglio degli altri. Anzi. Sarà il Paese in cui la decisione di inasprire i tassi, ma soprattutto quella relativa alla cessione e alla dismissione di titoli di Stato da parte della Bce, farà più danni.
Il primo segnale s’è avuto già giovedì. Lo spread tra i Btp italiani e i Bund tedeschi è tornato a superare la soglia dei 200 punti. Il trend è stato confermato, anzi superato, nella giornata di ieri quando il differenziale ha toccato punte di 215. Le parole della governatrice della Bce Christine Lagarde sono state nette: cari governi, preparatevi a tirare la cinghia. Basta politiche espansive, bisogna tornare all’austerity per tentare di porre un argine all’inflazione che galoppa, inarrestabile, nell’Unione europea. La Bce, del resto, ha pure aggiornato le previsioni sull’aumento dei prezzi stabilendo che, l’anno prossimo, sarà a +6,3%. Per Lagarde “ci vorranno anni” per contenere la fiammata inflattiva. E per farlo, gli economisti europei hanno mostrato il volto duro di chi non intende recedere. E, anzi, agli analisti hanno fatto quasi più “paura” i toni utilizzati da Lagarde e dalla Bce per illustrare le prossime strategie che le dimensioni dell’aumento dei tassi deciso nella giornata di giovedì scorso.
La guerra dei tassi

Una raffica di segni “meno” ha caratterizzato, anche ieri, l’andamento delle Borse europee. La Bce, alzando i tassi ancora e ancora, ha, di fatto, congelato e mortificato gli affari sulle maggiori piazze di scambio continentali. Francoforte, alle 16 di ieri, aveva perso lo 0,43%, così come Amsterdam; Parigi l’1.04%. Tonfo a Bruxelles (-1,23%) e Londra, dove l’altro ieri la Bank of England, nonostante una netta spaccatura del board, ha deciso un altro avvitamento sui tassi di interesse, ha perduto l’1,21%. Milano, nel pomeriggio, reggeva a -0,02. Ma c’è poco da sorridere perché l’Italia non ne uscirà meglio degli altri. Anzi. Sarà il Paese in cui la decisione di inasprire i tassi, ma soprattutto quella relativa alla cessione e alla dismissione di titoli di Stato da parte della Bce, farà più danni.
Il primo segnale s’è avuto già giovedì. Lo spread tra i Btp italiani e i Bund tedeschi è tornato a superare la soglia dei 200 punti. Il trend è stato confermato, anzi superato, nella giornata di ieri quando il differenziale ha toccato punte di 215. Le parole della governatrice della Bce Christine Lagarde sono state nette: cari governi, preparatevi a tirare la cinghia. Basta politiche espansive, bisogna tornare all’austerity per tentare di porre un argine all’inflazione che galoppa, inarrestabile, nell’Unione europea. La Bce, del resto, ha pure aggiornato le previsioni sull’aumento dei prezzi stabilendo che, l’anno prossimo, sarà a +6,3%. Per Lagarde “ci vorranno anni” per contenere la fiammata inflattiva. E per farlo, gli economisti europei hanno mostrato il volto duro di chi non intende recedere. E, anzi, agli analisti hanno fatto quasi più “paura” i toni utilizzati da Lagarde e dalla Bce per illustrare le prossime strategie che le dimensioni dell’aumento dei tassi deciso nella giornata di giovedì scorso.