Attualità

La guerra dei vincoli per le saline di Cagliari

di Ivano Tolettini -


Alle porte di Cagliari, nella vasta salina di Santa Gilla di 2.700 ettari, va in scena un nuova battaglia legale. È davanti al Tar contro il vincolo messo dalla Soprintendenza. Ad affilare le armi quanti hanno obiettivi legittimi, ma contrapposti: da una parte quelli ambientali, per preservare un ecosistema unico; dall’altra quelli industriali che da quasi un secolo sono al centro di opposte valutazioni perché ad un tempo strumenti di accumulazione e lavoro che emancipano dal bisogno. Cui è difficile rinunciare. Interessi con risvolti non sempre confessabili. Nel regno dei fenicotteri rosa, dove va in scena uno dei valzer naturali più spettacolari non solo della Sardegna, la Soprintendenza ha rotto gli indugi ed ha messo la tutela su un’area ricompresa tra i Comuni di Cagliari, Capoterra e Assemini. A muovere battaglia è il Consorzio industriale della provincia di Cagliari (Cacip).

 

CHIMICA

 

La tutela diventa ufficiale dopo che il colosso Eni un anno fa ha tolto le ancore disimpegnandosi dalla “Ing. Luigi Conti Vecchi” che fino a pochi anni fa controllava interamente. Sia nella gestione delle saline, vendute alla siciliana Italkali, sia nella chimica di base con l’impianto del cloro-soda che in precedenza era stato venduto alla Società Chimica Assemini amministrata da Domenico Greco e con socio di maggioranza l’industriale Toscano Antonio Donato Todisco. Del resto il connubio tra le saline e la chimica è molto stretto, perché l’impianto del cloro-soda è il processo chimico-industriale attraverso cui dal cloruro di sodio in soluzione, la cosiddetta salamoia pura, si ottengono per elettrolisi cloro gassoso, Idrossido di sodio e idrogeno. Restano però da smaltire le sabbie che sono equiparate a un rifiuto. Quando la società Conti Vecchi era un tutt’uno esse venivano perlopiù gestite all’interno delle saline, ma non avviene più. Senza che finora sia stata eseguita la “caratterizzazione chimico-fisica” della spacchettata dall’Eni dopo la sua “fuga”. Vale a dire si invoca “l’analisi delle acque di falda – come scrive Mauro Pili sull’Unione Sarda – e delle sostanze che possono avere alterato nel tempo il sottosuolo e non solo”. A frenare quest’azione, osservano molti ambientalisti cui dà voce anche l’articolo citato, è “il tabù del possibile inquinamento”, tutto da verificare, per possibili gestioni borderline del passato, quando la sensibilità ambientale non era quella odierna. Anche perché tra “lo stabilimento industriale del cloro-soda – aggiunge Pili nell’articolo – e la gestione” contigua delle saline l’erba non cresce più e “un motivo dovrà pur esserci”.

REGIONE E PONTILE

Della cessione ai privati delle saline di Santa Gilla si è occupata anche l’assemblea regionale sarda quando il consigliere Michele Cossa ha presentato una interrogazione scritta sulla vendita della “Ing. Luigi Conti Vecchi” da parte di Eni, cui ha risposto lo scorso novembre l’assessore dell’Industria Anita Pili. “Il Servizio Attività estrattive e recupero ambientale eserciterà il suo ruolo istituzionale di competenza – scrive – nell’ambito dell’attività di verifica della regolarità della conduzione della miniera relativamente al rispetto degli obblighi imposti con l’atto di concessione e alla continuità della produzione”. Prima però aveva specificato che il Servizio Attività estrattive e recupero ambientale non aveva avviato alcun procedimento perché lo può fare solo in caso di trasferimento della titolarità della concessione mineraria che è rimasta al concessionario, Ing. Luigi Conti Vecchi spa, passato di mano. Resta poi il tema dei lavori del pontile che fanno parte dell’accordo di cessione da parte di Eni a Chimica Assemini, annunciati per fine maggio dall’ad Greco. Ma questa è un’altra storia.


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