Esteri

La guerra del grano è legata al destino di Odessa

Putin apre a operazione Onu-Turchia per sminare il Mar Nero e sbloccare i cargo carichi di cereali

di Adolfo Spezzaferro -


La guerra del grano è più pericolosa di quella energetica perché gli effetti sono più immediati: ecco perché l’Ue deve sbloccare la situazione nel porto (per ora ancora in mano ucraina) di Odessa. In questa ottica, il premier Mario Draghi al Consiglio europeo propone un patto sul grano, con la regia dell’Onu. Dal canto suo, il presidente russo Vladimir Putin si dice disposto a far salpare i cargo ucraini, a patto che siano scortati dalla Turchia. Sullo sfondo resta il nodo di Odessa: Draghi (come tutta l’Ue, del resto) spinge affinché resti all’Ucraina, altrimenti priva di sbocchi sul mare. Bisogna però capire se Mosca davvero non intenda conquistarla e ottenere così il controllo di tutta la costa ucraina.
Sempre Odessa è al centro del patto del grano: per far salpare le navi bloccate con circa 22 milioni di tonnellate di cereali va prima sminato il Mar Nero per creare un canale sicuro dover far transitare i cargo. Si parla di centinaia di mine che gli ucraini hanno piazzato per impedire ai russi di avvicinarsi o di sbarcare. A tal proposito va ricordato che Putin si è detto favorevole ad aprire un varco per far passare le navi mercantili, a patto però che l’Occidente smetta di inviare armi a Kiev. Una condizione irricevibile per Nato e Ue. Eppure la quadra va trovata: Putin non ci tiene a passare per quello che affama il mondo e riuscirà comunque ad ottenere qualcosa in cambio.
A sentire Draghi, “è essenziale che Putin non vinca questa guerra. Ma il confronto con lui è necessario. Allo stesso tempo dobbiamo chiederci se può essere utile parlargli. Sono scettico sull’utilità di queste telefonate – ha detto ieri il premier – ma ci sono ragioni per farle. Dimostrano che è lui a non volere la pace: se non ci sarà una soluzione, dovrà essere chiaro che la colpa è sua”. Sono queste le premesse del trilaterale di Draghi con il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. I tre concordano che il patto sul grano va portato avanti, pure accettando l’opzione che sia la Turchia a fornire gli sminatori per bonificare le coste di Odessa (anche se, per esempio, gli italiani in questo sono tra i più bravi al mondo). E che sia sempre Ankara – come richiesto da Mosca – a garantire la navigazione dei cargo carichi di cereali. L’importante insomma è che nel Mar Nero non transitino navi occidentali, magari cariche di armi per Kiev.
Ruolo chiave nell’operazione è però quello dell’Onu. Anche per Draghi ovviamente “può giocare un ruolo importante per risolvere la crisi, ma abbiamo il dovere di chiederci come possiamo aiutare. Come accelerare, per evitare di arrivare tardi”. Anche il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba avverte che “lo sblocco delle navi deve avvenire entro due settimane”.
Chi intanto si muove, con rapidità e sicurezza, è il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ieri ha sentito prima Putin poi il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Mosca si fida del “sultano”. Non a caso, a fine colloquio il Cremlino ha offerto “la disponibilità a facilitare il transito marittimo senza ostacoli di merci in coordinamento con i partner turchi. E questo vale anche per il grano dai porti ucraini”.
Erdogan si spinge oltre, proponendo di ospitare, nuovamente a Istanbul, negoziati russo-ucraini, sotto la regia dell’Onu. Il presidente turco dunque spinge ancora per fare da mediatore, come è avvenuto a fine marzo, con i colloqui di Istanbul. La terzietà della Turchia fa gioco anche all’Ue, che può mantenere la linea dura contro la Russia.
Il destino di Odessa resta il nodo dirimente: la Russia dovrebbe rinunciare a conquistarla. Zelensky dunque in cambio del grano ucraino vorrebbe garanzie che questo importante porto non finisca nelle mani di Putin. Neanche a dirlo, Draghi è come sempre allineato e coperto rispetto ai diktat Usa-Nato. “Deve essere l’Ucraina a decidere che pace vuole”, non fa che ripetere. Il Cremlino dal canto suo potrebbe permettere l’operazione Ue-Onu-Turchia, sapendo bene che una volta consegnate le scorte di grano, l’Ucraina ovviamente non potrà più produrne agli stessi livelli di prima della guerra. A quel punto, dunque, tutti dovranno comprare il grano russo. Magari in rubli.


Torna alle notizie in home