Economia

La guerra in Ucraina frena anche la fusione Unicredit Commerzbank

Calma piatta per Unicredit, all'avvio di Piazza Affari, a significare che è concreto il freno imposto dalla guerra in Ucraina alla fusione con Commerzbank.

di Redazione -


All’operazione lavorava dall’inizio dell’anno il ceo Andrea Orcel. Tutto questo, in uno scenario dove Unicredit intende anche disimpegnarsi dalla Russia, con probabili perdite fino a 5,3 miliardi, nonostante uno scambio di asset swap in corso con istituzioni finanziarie russe.

Orcel, prima dello scoppio della guerra, aveva avviato colloqui con il suo omologo di Commerzbank, Manfred Knof, per un’intesa che contribuisse alla tanto auspicata ed attesa ondata di consolidamento transfrontaliero del settore bancario europeo.

Sul tavolo, la potenziale combinazione della controllata tedesca HypoVereinsbank con Commerzbank, che avrebbe fruttato un’operazione da 785 miliardi di euro di attività, 1.000 filiali e 48.000 dipendenti. Numeri che contano, utili a chiudere il primo grande accordo transfrontaliero nel frammentato settore bancario europeo.

Ma l’accelerazione della guerra e l’incertezza del quadro europeo delle forniture energetiche russe hanno fatto scendere i prezzi delle azioni fin dalla fine di febbraio: UniCredit ha perso più di un terzo e Commerzbank è scesa del 26%.

Per giunta, a dimostrazione evidente di come la finanza statunitense muova da considerazioni diverse da quelle che spingono il presidente Biden a rafforzare l’alleanza commerciale con la UE, gli investitori statunitensi, come Capital Group, si sono via via ritirati dalle banche europee negli ultimi tre mesi, vendendo grandi partecipazioni in Commerzbank, Deutsche Bank e Barclays. Proprio il gestore del fondo statunitense era il maggiore azionista di UniCredit, ma la scorsa settimana ha ridotto la sua partecipazione dal 6,8% a meno del 4%.

I giochi, però, non si sono conclusi. L’intesa Unicredit – Commerzbank potrebbe avere ancora chances. Commerzbank ha lo Stato tedesco come azionista del 15% dopo un salvataggio di 23 miliardi di euro nel 2008 e nel 2009. E Unicredit non intende rinunciare ad un accordo cui aveva pensato fin dal 2017.


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