Politica

La Lega cala i big. Meloni attacca Letta: così screditi l’Italia

Salvini chiude le liste e conferma che si candiderà a Milano sfidando Renzi. Giorgetti in lizza in Lombardia e Molinari in Piemonte.

di Edoardo Sirignano -


In extremis il centrodestra trova le “soluzioni” per le liste e intanto è polemica tra la leader di Fdi e il segretario dem.

La Lega cala i big. Matteo Salvini si candida a Milano e sfida Renzi sotto la Madonnina: “Sarò orgogliosamente nella mia città”. Il capogruppo dei verdi Riccardo Molinari correrà in Piemonte, mentre il ministro uscente Giancarlo Giorgetti in Lombardia, dove ci sarà spazio anche per Andrea Crippa e Nicola Molteni. Lorenzo Fontana sarà schierato in Veneto, Vannia Gava in Friuli Venezia e Rossano Sasso in Puglia. Il nome nuovo tra le file del Carroccio è quello di Simonetta Matone. L’ex togata, già candidata a Roma come vice di Enrico Michetti, si giocherà la partita nel Lazio, dove ci sarà anche l’imprenditore Antonio Angelucci. Tra i volti nuovi della Lega anche il campione di pallavolo Luigi Mastrangelo, le giornaliste Annalisa Chirico, Maria Giovanna Maglie e la conduttrice Hoara Borselli.

Tra le punte di diamante di Fratelli d’Italia, invece, l’ex togato Carlo Nordio. “Dopo aver scritto – dichiara in un’intervista al quotidiano “Il Messaggero” – per oltre 25 anni, sulle criticità della nostra giustizia e sulla necessità di rimedi urgenti in senso garantista e liberale, la rinuncia a intervenire attivamente quando te ne viene offerta la possibilità sarebbe una mancanza di coraggio, o quantomeno un atteggiamento di incoerenza e di pigrizia”. Altro nome illustre lanciato dalla Meloni quello dell’ex presidente del Senato Marcello Pera: “Mi piacerebbe occuparmi – rivela al Fatto Quotidiano – delle mie più grandi passioni, le riforme costituzionali”. Per Fdi si vocifera pure il nome dell’ex titolare della Farnesina Giulio Terzi di Sant’Agata. Per la politica romana, considerando gli ultimi sondaggi di Noto, che la vedono in costante crescita, sarà molto semplice confermare gli uscenti.

Qualche nome e collocazione inizia a spuntare anche dagli ambienti di Forza Italia, dove il discorso liste è stato rallentato dalla scomparsa prematura di Niccolò Ghidini. La pluricampionessa olimpica di fioretto e attuale sottosegretaria allo Sport, Valentina Vezzali, sarà capolista nel plurinominale nelle Marche, sua terra di origine. Francesco Battistoni, invece, correrà, per l’uninominale di Fermo-Ascoli Piceno per la Camera. Blindati anche i capigruppo azzurri Paolo Barelli e Anna Maria Bernini, nonché le fedelissime del Cav Licia Ronzulli e Marta Fascina. Novità, invece, sono il calciatore Beppe Incocciati e l’ex assessore della Regione Lombardia Giulio Gallera.

Per quanto riguarda Noi con l’Italia, Marcello Lupi sarà in campo a Milano, mentre Saverio Romano a Bagheria. Qualche polemica ancora nell’Udc, dove vengono salvati solo Lorenzo Cesa, schierato in Molise e Antonio De Poli nelle Marche. Non è ancora stato rivelata la circoscrizione in cui correrà il dc Gianfranco Rotondi. Luigi Brugnaro resta fuori dalla partita e candida Michela Biancofiore in Trentino.

Mentre sono quasi ultimale le liste, nel centrodestra però continuano a essere all’ordine del giorno i botta e risposta tra Letta e Meloni. Il motivo dello scontro stavolta un’intervista del segretario dem alla Cnn. Un’ipotetica vittoria di Fdi viene descritta come rischio per l’Europa. “I patrioti – replica la leader di Fdi – difendono sempre l’Italia, mentre la sinistra va in giro a screditare la nazione per difendere il proprio tornaconto”. A tale stoccata, però, non ci sta il Nazareno: “Mi accusa – sostiene Letta – di screditare l’Italia perché espongo le scelte di Fdi? Obbligo di fideiussione per gli stranieri, blocco navale fuori dai nostri confini, Pnrr da rinegoziare. Tre follie per chi ci guarda da fuori”. Giorgia, inoltre, deve subire anche le continue bordate della sinistra, che continuano a chiamarla “fascista”. La frecciata, questa volta, arriva da Nicola Fratoianni. A difenderla, però, gli alleati. Antonio Tajani, numero due di Fi, che chiarisce come la fiamma non c’entra nulla con Mussolini: “Diversamente non saremmo stati alleati”. 


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