Esteri

La “lunga marcia” di Nikki Haley e le grane giudiziarie di Donald

di Redazione -


Il tempo di un ultimo saluto al New Hampshire e siamo già sulla strada per la Carolina del Sud. E una rassicurazione a chi sperava che si ritirasse. “Ci siamo, siamo presenti e continueremo la nostra campagna elettorale”. Questo ha ribadito la Haley ai suoi detrattori, soprattutto nel GOP, il partito repubblicano. “Siamo solo al terzo stato, il mio, e ne mancano dozzine di altri. Trump se ne faccia una ragione”. E lui, Donny, al livore e al dileggio ha fatto seguire le minacce. “Bandiremo e barreremo permanentemente dal club dei MAGA tutti i donatori a favore della Haley”.

Non lo avesse mai fatto. In meno di ventiquattro ore le donazioni a favore della sua antagonista sono schizzate ad un milione di dollari, con oltre il 97 per cento inferiore a 200 dollari. E la minaccia ‘barred permanently’ è stata subito stampata sulle magliette. Risultato: 10.000 magliette vendute in due giorni e un altro milione e seicentomila di dollari incassati per la campagna elettorale della Haley.

Certo, molto meno degli 83,3 milioni di dollari che la giuria federale di Manhattan ha condannato Trump a pagare per aver diffamato la scrittrice E. Jean Carroll, negando le accuse di violenza sessuale. Una bella grana, in piena campagna elettorale. La sua avvocatessa, Alina Hubba, quella che gli aveva consigliato di rifiutare di pagare cinque milioni di dollari, si è subito affrettata a dire che farà appello. Forse, senza essersi prima consigliata con Donny. Perché ferma la possibilità di appellare, per l’ordinamento statunitense è necessario prima depositare l’intera somma, più il 9 per cento.

E se ‘the Donald’ si rifiuterà di pagare, gli saranno confiscati beni immobili e assets per l’importo dovuto. Insomma, la corsa alle presidenziali di novembre è diventata sempre più ad ostacoli per Trump: 91 reati contestati, 4 accuse pendenti, 2 impeachment, il verdetto di diffamazione da 83,3 milioni di dollari, sentenza per frode da 25 milioni di dollari, un’università e un ente di beneficenza chiusi, un processo per frode in corso e molto altro ancora. Tanto che a New York, dal giorno stesso della condanna, è stato stampato e diffuso in molti esercizi commerciali il warning con la sua immagine: “non accettare assegni da quest’uomo”.

A ciò, si aggiunge che il suo ex avvocato, Rudy Giuliani, nel corso del procedimento a suo carico per bancarotta, ha dichiarato come introito mensile netto 2.308 dollari e 351 depositati in conti bancari, pur vantando crediti imprecisati, proprio nei confronti di Trump, per “onorari professionali non pagati”. Insomma, il MAGA rischia di andare in default nel giro di poche settimane, prima ancora di finire la campagna elettorale. Al contrario del MANA. L’ultimo slogan lanciato dalla Haley, “Make America Normal Again”, continua a girare sui social.

E lei, a ripetere che intende parlare non di processi ma dei problemi del paese: il lavoro, il controllo delle frontiere, l’economia, la guerra in Ucraina. Perché obiettivo di Nikki Haley è fare campagna elettorale tra la gente e per la gente. Portando gli elettori repubblicani, ma soprattutto quelli indipendenti e moderati a votare per lei. “Non puoi vincere un’elezione presidenziale senza moderati e indipendenti e Trump non è in grado di farlo” ha detto in televisione, dopo il risultato del New Hampshire.

“Per questo ha perso nel 2018, nel 2020 e nel 2022”. Malgrado la RNC, la Commissione nazionale repubblicana, insista per farla ritirare, con una risoluzione che indichi Trump come unico candidato del partito, lei insiste. Anche se contro Biden, Trump ha già perso una volta e nei sondaggi è sfavorito, la Haley non si arrende. Perché lei è un underdog. Proprio come il nostro Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che alla fine ha vinto. E fra pochi giorni si torna a votare in Carolina del Sud. I giochi sono ancora tutti aperti. E Nikki lo sa.


di FRANCESCO NICOLA MARIA PETRICONE
f.petricone1@lumsa.it


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