La macchina del fango contro Angela Carini
Dall’avventura olimpica a testimonial del Ponte sullo Stretto. E ad alcuni questo non va giù. La macchina del fango si è inesorabilmente messa in moto contro Angela Carini, pugile napoletana 25enne, e non cessa a bloccarsi. “È la vergogna dell’Italia, ci ha fatto vergognare di fronte a tutto il mondo”, “madrina della sceneggiata napoletana”, “pagata dal sistema per fomentare un clima d’odio contro le minoranza”, “anche il ponte come lei crollerà dopo 46 secondi?”. E via con fesserie di questo tenore. Perché aver lasciato il ring dopo il pugno preso dalla pugile algerina intersex Imane Kheilf, che si è rivelata talmente forte da vincere l’Oro, non le è stato perdonato dal tribunale dei social. Quel colpo le ha fatto percepire che l’incontro non fosse alla sua portata e avrebbe potuto farsi male seriamente. E quindi ha abbandonato il ring, emotivamente provata.
Ma questo non è ammesso. In nome del politicamente corretto avrebbe dovuto farsi ammazzare. L’abbandono dell’incontro è stato interpretato da alcuni come una protesta contro le decisioni dei giudici riguardo alla questione di genere di Khelif, suscitando ulteriori dibattiti e tensioni politiche. Un gesto che alcuni hanno faziosamente voluto interpretare come una mancanza di resistenza o di determinazione. Perché un momento di fragilità emotiva viene ammesso, accettato e compreso solo se chi lo prova è del nostro stesso credo politico, se no viene automaticamente strumentalizzato e condannato.
La recente decisione della pugile di accettare di diventare testimonial per Webuild, l’azienda che si occuperà della costruzione del ponte sullo Stretto di Messina ha sollevato un polverone mediatico (un altro, sì). Il Corriere la chiama “ironia”, quella di chi offende la Carini da giorni, a noi sembra stupidità.
Insomma, sebbene non sia riuscita a portare a casa una medaglia, è stata da politici e utenti lodata anche per la tecnica e lo spirito competitivo. La sua partecipazione al progetto del ponte sullo Stretto, quindi, potrebbe anche essere vista come un modo per contribuire al dibattito sul futuro delle infrastrutture italiane, portando la sua voce giovane in un settore dominato spesso da vecchie mentalità.
Webuild l’ha scelta nello specifico per la campagna “Webuild per lo sport. Costruire un sogno: storie di campionesse”, in cui sono coinvolte altre atlete italiane come la velista Caterina Banti e la judoka Alice Bellandi. La campagna promuove valori come l’audacia, la perseveranza e la passione, attributi che Carini rappresenta per l’azienda. E se li rappresenta per l’azienda, chi è l’utente social medio per offendere?
Pochi hanno scritto che la carriera sportiva di Angela Carini è sempre stata caratterizzata da dedizione e talento, qualità che spesso vanno oltre un singolo episodio o evento. La sua scelta di partecipare alla campagna di Webuild è un’opportunità per dimostrare il suo impegno verso valori positivi e per ispirare giovani atlete a perseguire i propri sogni con passione e determinazione.
Insomma, questa vicenda è stata emblematica non solo per il mondo dello sport, ma anche per il suo impatto sociale e culturale. La sua partecipazione alla campagna di Webuild è un invito a vedere oltre le critiche immediate, riconoscendo il valore delle sue scelte come parte di un percorso di crescita personale e collettivo.
Esiste ancora una vera società o ormai solo una battaglia costante tra individui?
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