Giustizia

La mossa della maggioranza sul caso Almasri e il nodo Bartolozzi

di Giuseppe Ariola -


Il caso Almasri si conferma una bella gatta da pelare per il governo, più per come è stato gestito che per quanto accaduto in sé per sé. Che il rimpatrio del generale e torturatore libico sia avvenuto per ragioni afferenti alla sicurezza nazionale, più o meno nobili che siano, appare francamente evidente. Allo stesso modo è chiaro che tutto il polverone che si è alzato attorno all’affaire Almasri sarebbe stato evitabile qualora sulla questione fosse stato posto il segreto di Stato.

Mantovano e il segreto di Stato

Un aspetto di cui si è dibattuto mesi fa e sul quale proprio ieri è tornato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, tra i destinatari, insieme a Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, di una richiesta di autorizzazione procedere avanzata dal Tribunale dei ministri. Senza menzionare espressamente il caso del generale libico, nel corso della presentazione della nuova rivista del Dis, Mantovano ha ricordato che “non vi è un solo segreto di Stato che sia stato opposto o apposto da quando siamo al governo”, non mancando di far presente come “vi è chi per alcune vicende ci rimprovera persino di non averlo fatto”. Una scelta che non necessariamente risulterà vincente, visto che ha consentito alla magistratura di istruire un procedimento che vede coinvolti tre componenti del governo e un secondo che riguarda la capo di gabinetto del ministro Nordio, Giusi Bartolozzi.

Il nodo Bartolozzi

Proprio quest’ultima, però, è il vero anello debole dell’intera vicenda perché, se per gli altri tre protagonisti del caso Almasri finiti sotto la lente di ingrandimento delle toghe provvederà il voto parlamentare, prima in Giunta per le autorizzazioni e poi in aula, a scongiurare il processo, per Bartolozzi potrebbe non essere così. Ieri mattina, la Giunta ha approvato, con i soli voti della maggioranza e tra le protesta dell’opposizione, una richiesta di chiarimenti alla magistratura in merito alla posizione di Giusi Bartolozzi. L’obiettivo è quello di appurare se i capi di imputazione contestati alla capo di Gabinetto di Nordio siano connessi a quelli indirizzati ai componenti del governo. In tal caso, è la tesi della maggioranza, anche per Bartolozzi sarebbe necessaria la richiesta di autorizzazione a procedere. La mossa potrebbe inoltre risultare funzionale anche a chiedere alla Presidenza della Camera di sollevare un conflitto di attribuzione alla Consulta. Se però questi tentativi fallissero si arriverebbe per forza di cose a un processo che si vuole evitare a tutti i costi. La strategia della maggioranza è dunque chiara, anche se è in corso un’accesa discussione sulla possibilità di applicazione dello scudo rappresentato dalla richiesta di autorizzazione a procedere anche ai presunti reati ‘connessi’ a quelli contestati ai ministri, oltre che a quelli eventualmente commessi ‘in concorso’ con loro, rispetto ai quali è pacifica l’estensione a dirigenti e funzionari che non godano in modo diretto della guarentigia costituzionale. Un punto di assoluto rilievo, tanto che nella stessa memoria difensiva depositata in Giunta per le autorizzazioni dai membri del governo è presente un passaggio che evidenzia “la stretta connessione” tra i reati di cui sono accusati i ministri e quello di dichiarazioni mendaci ai pm contestato a Bartolozzi.


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