Politica

La mossa segreta di Draghi. Senza Conte salta la fiducia

di Adolfo Spezzaferro -

Mario Draghi ©imagoeconomica


Ecco la tentazione del premier dopo giornate di pressing per il bis. Oggi in Senato senza garanzie dai 5S potrebbe non chiedere il voto.

Il presidente del Consiglio Mario Draghi potrebbe avere un piano segreto: non chiedere la fiducia se il leader del M5S Giuseppe Conte non rientrasse con tutto il gruppo nella maggioranza. Sarebbe un’arma per minacciare tutti. Senza il voto dei 5 Stelle al Senato, Draghi potrebbe fare le sue comunicazioni e basta. Senza chiedere il voto di fiducia. Potrebbe quindi annunciare all’Aula di Palazzo Madama che semplicemente si recherà al Quirinale da Sergio Mattarella per confermare le sue dimissioni, a quel punto irrevocabili. Sarebbe questa dunque una tentazione da parte di Draghi.

Ma il premier potrebbe essere tentato anche dal commissariare ulteriormente il governo e il Parlamento. Il capo dello Stato d’altronde ha respinto le sue dimissioni, la settimana scorsa, per parlamentarizzare la crisi di governo, prendere tempo e sostanzialmente dare una chance ai partiti di trovare la quadra per un Draghi-bis. Perché il presidente della Repubblica vuole scongiurare a tutti i costi il voto anticipato e quindi vuole che Draghi vada avanti. Dal canto suo, l’ex numero uno della Bce, preso atto della (quasi scontata) fiducia alle Camere non potrebbe sottrarsi. A quel punto però potrebbe dire: “D’accordo, si va avanti: ce lo chiede l’Europa, ce lo chiede il Paese, ce lo chiede il Colle. Ma si va avanti alle mie condizioni: non deve più volare una mosca”. Dopo lo strappo del leader del M5S Giuseppe Conte e venuta meno la maggioranza che sosteneva il supertecnico a Palazzo Chigi, sarebbe la volta del leader politico (a cui si appellano i centristi, da Renzi e Calenda in vista delle elezioni, perché lo vorrebbero candidato premier, ma che è invocato da tutti i centri di potere nazionali e internazionali). A quel punto, Draghi leader politico userebbe la sua autorità e la sua autorevolezza internazionale per far rigare dritto la maggioranza fino a fine legislatura.

Ieri, Draghi ha fatto una serie di incontri fin dalla mattina, a partire da quello con il segretario Pd Enrico Letta a Palazzo Chigi e poi la salita al Quirinale per un rapido scambio di vedute con Mattarella. Rientrato a Palazzo Chigi, ai collaboratori, che gli chiedevano notizie sui colloqui, ha risposto glissando: “Non entriamo nel merito dei contenuti”. Quel che è certo è che Draghi resiste, non è disposto a guidare un governo paralizzato dai veti, dagli ultimatum e dalle pulsioni elettorali e non intende sottoporsi a una conta parlamentare. Per lui l’unica opzione è avere una nuova ampia agilità politica. Ma non basata sui numeri ma sul suo controllo della maggioranza. Un nuovo patto politico, con la vecchia maggioranza o con una coalizione che comprenda i governisti ex M5S. Ma soprattutto un nuovo corso, in cui SuperMario abbia ancora più super poteri. Il prezzo da pagare sarebbe un Parlamento esautorato, una maggioranza commissariata, un governo ridotto a gabinetto del presidente del Consiglio come se fosse il presidente della Bce.

D’altronde il Financial Times è soltanto l’ultimo degli autorevoli giornali che chiedono che Draghi resti a Palazzo Chigi per il bene di tutti, dalla Ue agli Usa e alla Nato. Gli appelli a Mr. Whatever It Takes da parte di Washington, PArigi e Berlino e altri Paesi europei a restare alla guida di un esecutivo ripulito da chi fa le bizze. In ragione di queste forti pressioni internazionali è verosimile che Draghi prosegua, vista la crisi economica, la guerra, le sfide energetiche, l’inflazione che corre e lo spread che riparte. Ci sono in ballo il sostegno all’Ucraina, l sanzioni contro la Russia. Ci sono in ballo i miliardi Ue del Pnrr, le riforme chieste da Bruxelles. Ci sono in ballo troppe questioni di grande importanza, sen non dirimenti, per rinunciare a Draghi a Palazzo Chigi. Questo lo sa Mattarella e lo sa pure lo stesso premier, ovviamente.

Il dato più pesante in questo quadro è che all’estero c’è tanta sfiducia sulla politica italiana da far percepire come pericolose le elezioni anricipate. Per tutta una serie di ragioni, tra cui la possibile vittoria del centrodestra.
In sostanza, l’Italia all’estero viene vista come un Paese dove politici folli fanno una crisi in un momento delicatissimo, cruciale per la Ue e l’Occidente tutto. E dove soltanto Draghi può rimettere le cose a posto e proseguire di concerto con Bruxelles, Washington e l’Alleanza atlantica. Alle condizioni che detterà lui.

Per dirla con il Ft, “con una crisi del costo della vita, la guerra in Ucraina e il pacchetto ‘anti-frammentazione’ in preparazione da parte della Banca centrale europea, è il momento peggiore per la confusione. Questa settimana sarà cruciale, e non solo per l’Italia”, scrive in un editoriale il quotidiano finanziario britannico, che sostiene il presidente del Consiglio dai tempi in cui era alla Bce.

Per il Ft “la migliore prosepettiva è che Draghi continui a essere presidente del Consiglio il più a lungo possibile”.
Un auspicio che lascia intendere che il Ft vorrebbe Draghi premier anche dopo le prossime elezioni politiche. Il Draghi politico, insomma.


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