La mostra della Bibbia di Borso d’Este
Foto di Andrea Canali
In occasione del Giubileo, la Bibbia di Borso d’Este, uno dei massimi capolavori dell’arte rinascimentale italiana, torna a Roma, precisamente nella Biblioteca del Senato all’interno del Palazzo della Minerva. La mostra “Et Vidit Deus Quod Esset Bonum – La Bibbia di Borso d’Este. Un capolavoro per il Giubileo”, in programma dal 14 novembre 2025 al 16 gennaio 2026, è promossa dal Senato della Repubblica, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Cultura, le Gallerie Estensi, il Commissario Straordinario per il Giubileo e l’Istituto dell’Enciclopedia Treccani. L’evento in questione costituisce un’occasione straordinaria per ammirare la Bibbia di Borso d’Este, poiché il manoscritto è conservato nella Biblioteca Estense di Modena e viene esposto al pubblico solo in rarissime occasioni. Realizzata tra il 1455 e il 1461 dal calligrafo Pietro Paolo Marone, e dai miniatori Taddeo Crivelli e Franco dei Russi, l’opera rappresenta una delle massime espressioni dell’arte della miniatura che unisce valore sacro, rilevanza storica, pregio materiale e raffinatezza estetica. La Bibbia di Borso d’Este è tra le opere più note conservate nella Biblioteca Estense Universitaria di Modena. Si tratta di un manoscritto in due volumi, su pergamena, in-folio, per un totale di 1.202 pagine miniate. La Bibbia di Borso d’Este fu una delle imprese più costose del suo tempo: la spesa finale fu di 5.609 lire marchesane, una somma straordinaria e difficilmente confrontabile con quella di altri manoscritti. Dopo la devoluzione di Ferrara allo Stato Pontificio, nel 1598, il destino della Bibbia fu comune a molti altri capolavori della corte estense: il codice seguì la famiglia nella nuova capitale del ducato, Modena, dove rimase fino all’Ottocento. Nel 1800 fu portata via una prima volta: il duca Ercole III, in esilio da Modena, portò con sé il prezioso codice a Treviso. Dopo la scomparsa del duca, la Bibbia passò alla figliaMaria Beatrice Ricciarda d’Este, divenuta poi moglie dell’arciduca Ferdinando d’Asburgo. La Bibbia tornò a Modena diversi anni dopo la restaurazione, nel 1831, ma vi rimase poco, dal momento che nel 1859 il duca Francesco V d’Asburgo-Este, prima di lasciare definitivamente il ducato che sarebbe stato annesso al nascente Regno d’Italia, portò con sé in Austria molti codici, tra i quali anche la Bibbia di Borso. Dieci di questi sarebbero rientrati in Italia nel 1869 a seguito di un accordo tra il governo italiano e i sovrani degli stati preunitari, ma la Bibbia, il Breviario di Ercole I d’Este e l’Officio di Alfonso furono riconosciuti legittima proprietà degli Asburgo. Nel 1918 l’ultimo proprietario, Carlo I, dopo la prima guerra mondiale lasciò l’Austria per andare in esilio in Svizzera, portando con sé la Bibbia: dopo la sua scomparsa, la vedova, Zita di Borbone-Parma, decise di mettere in vendita il codice sul mercato antiquario. Venutone a conoscenza il governo italiano, Giovanni Gentile, nominato pochi mesi prima ministro dell’istruzione nel primo governo Mussolini, fece sapere che l’erario non disponeva della somma per acquistare l’opera. Tuttavia, arrivò in soccorso del suo paese l’industriale Giovanni Treccani, divenuto celebre fondatore dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana come ricordato durante la cerimonia da Orsola attuale presidente dell’Istituto. Fu così che Treccani nel 1923 acquistò la Bibbia per tre milioni e trecentomila franchi francesi, equivalenti a circa quattro milioni di euro attuali, e comunicò a Mussolini il suo intento di donare il codice allo Stato. Quattro città si candidarono a riceverlo: Modena (in quanto ultimo luogo di conservazione prima che il manoscritto fosse portato fuori dall’Italia), Roma (in quanto capitale), Milano (in quanto città dove il donatore risiedeva) e Ferrara (città di origine). Fu il direttore della Biblioteca Estense di allora,Domenico Fava, a far sì che la Bibbia tornasse a Modena tanto che, alla fine, il governo decise in favore della cittadina emiliana. La donazione venne formalmente accettata nel maggio del 1924, quindi la Bibbia raggiunse la Biblioteca Estense. Edificante tra gli altri l’intervento del Sottosegretario alla Cultura Mazzi il quale testualmente ha dichiarato: “la Bibbia di Borgo d’este è una meraviglia artigianale e creativa di quel tempo… e poi ricordiamo che è anche una opera che parla dell’Italia e delle sue dinastie, quasi una sorta di autobiografia che parla della nostra storia, della nostra civiltà, dei nostri valori… .e quindi della nostra identità”.
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