Cultura & Spettacolo

La musica di Simone Baldelli: Certi Party tra spritz e schiocchi in blu

di Nicola Santini -


C’è chi della politica fa un mestiere, chi una vocazione, e chi – come Simone Baldelli – un primo tempo. Poi c’è un secondo tempo, più libero e creativo, dove a parlare sono le canzoni, i testi, le note. Ex vicepresidente della Camera, intellettuale brillante con il gusto per la satira, oggi Simone Baldelli suona un’altra musica: quella vera, fatta di parole, arrangiamenti e una sorprendente leggerezza. La sua carriera artistica, cominciata tra palchi teatrali e vignette caustiche, si è arricchita di un percorso musicale che non è un hobby improvvisato, ma un’espressione coerente di una mente eclettica e curiosa. E in un panorama spesso omologato, la sua voce fuori dal coro è quanto mai necessaria.

Nei suoi brani si percepisce ironia, riflessione, ma anche leggerezza e voglia di raccontare.
Il cantautore racconta sempre. Spesso racconta di sé e della propria vita. A volte racconta qualcosa che lui immagina o che trova negli altri o nel mondo intorno. Ma sempre secondo la sua percezione, secondo il suo personale filtro di lettura. Nel raccontarsi poi subentra la personalità e l’umore del momento, quindi si può essere più o meno ironici, leggeri, riflessivi o romantici. La sfida è sempre quella di essere autentici e originali.

La satira è stata una sua firma per anni. Le ha permesso di dire cose che la politica non consentiva o le ha insegnato a dirle in modo diverso? Si incontra con la musica?
Nella politica ho avuto la libertà di dire ciò che volevo e sono grato a chi questa libertà mi ha sempre garantito. La satira a vario titolo per me continua ad essere un modo per comunicare, anche messaggi politici: la mia imitazione di Gualtieri, ad esempio, diventata virale sui social, racconta un’altra Roma rispetto a quella che si spella le mani ad applaudirlo ogni volta che apre un cantiere, pedonalizza una zona e toglie parcheggi. Su questo ho scritto una canzoncina satirica da titolo “Roma isola pedonal” che non ho ancora pubblicato.

Com’è nato il brano “Certi party”? Cosa c’è dietro questo titolo, e cosa vuole trasmettere oggi a chi la ascolta?
Ero a casa con la chitarra e mi è venuto in mente il giro melodico. Una volta partito lo spunto il brano è venuto fuori da sé: un pezzo ironico in cui scherzo su me stesso, ma anche sulla superficialità della vita mondana che talvolta si vive nelle terrazze romane. Un brano che prende in giro gli “sciocchi in blu” che si danno le arie sparando inglesismi improbabili. Ma anche una riflessione sulla solidità dei valori analogici, rispetto all’effimero della società digitale dei social dove distinguere il vero dal falso diventa sempre più difficile.

C’è un pubblico che l’ha seguito dalla politica all’arte? E un palco sul quale sogna di portare le sue canzoni, magari con un tocco di provocazione istituzionale?
Continuo a fare politica anche fuori dal parlamento. Ho un pubblico che segue la mia musica da quando ero deputato e iniziavo a fare concerti benefici e a pubblicare pezzi miei. Faccio un genere distante dal tipo di musica che ascoltano i ragazzi oggi, ma molto specifico, che piace a quelli che hanno formato il proprio gusto musicale con la musica italiana degli anni ’70 e ’80. Faccio poche serate, per un pubblico selezionato e con musicisti fenomenali. Forse è questo uno dei segreti per divertirsi.


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