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La nobile provinciale sprofondata in serie C

di Ivano Tolettini -


Quando il 25 luglio scorso il patron Renzo Rosso dalle colonne del Giornale di Vicenza ha tuonata un rassicurante “Voglio vincere il campionato con 20 punti di distacco”, migliaia di tifosi istintivamente si sono portati le mani ai maroni. Mercoledì sera battendo allo stadio Menti la Juve dei giovani per 2-0, il Lanerossi è ritornato in linea di galleggiamento all’8° posto della C, girone A, a tre punti dalle capoliste Pordenone e Novara, dopo un inizio di stagione da tregenda. Addirittura dietro all’Arzignano che ha un budget ben lontano da quello garantito da Otb, la holding della moda da 1,5 miliardi di euro che fa capo a Rosso e che con i marchi Diesel, Maison Margiela, Marni, Viktor&Rolf e Jil Sander, è un campione di risultati industriali. Le possibilità di risalire in B sono intatte dopo le promesse tradite di questi anni. Anche perché a fine stagione il saldo gestionale passivo sarà di nuovo milionario. Buon che per la vendita del baby Mancini alla Juve sono stati incassati 1,8 milioni.
Come sono lontani i tempi della Nobile Provinciale che affastellava campionati di Serie A uno sopra l’altro: ben venti di fila fino a metà anni Settanta. La fredda realtà dei numeri racconta al disilluso popolo biancorosso, che comunque assiepa a migliaia le gradinate ogni partita con incrollabile fede che se la gioca con quella della Madonna di Monte Berico, che negli ultimi 42 anni soltanto 5 sono stati quelli disputati in A. Le ormai leggendarie stagioni del Lanerossi guidato dal tridente Pieraldo Dalle Carbonare (presidente tra i più amati), Sergio Gasparin (direttore generale) e Francesco Guidolin (allenatore) sono vecchie di 25 anni, quando in una notte magica di primavera la ciurma capitanata da Giovanni Lopez, battendo il Napoli, alzò la Coppa Italia. Ìn quella stagione 1996-1997 il Vicenza raggiunse anche il primo posto in classifica, concludendo all’8°posto. Un miracolo. Con i bilanci che grondavano utili. E l’anno successivo raggiunse le semifinali di Coppa delle Coppe venendo buttato fuori immeritatamente dal Chelsea di Gianluca Vialli. Sono state le ultime gioie, nonostante i tifosi ogni anno a migliaia abbiano continuato a rinnovare gli abbonamenti sperando nella resurrezione. Macché, da allora si sono susseguite gestioni che alla genuina passione – nutrita dai presidenti Sergio Cassingena e Alfredo Pastorelli – si sono coniugati pessimi risultati sportivi e gestionali. Fino a quando nel gennaio 2018 è stato dichiarato il fallimento sotto il peso di un passivo di oltre 15 milioni di euro. E pochi giorni fa Pastorelli è stato rinviato a giudizio per la presunta bancarotta con altri compagni di disavventura. Alcuni dei quali finiti a servizi sociali in prova. Ma non è che le cose siano migliorate sotto l’aspetto sportivo negli ultimi cinque anni, da quando cioè Renzo Rosso nel maggio 2018 ha rilevato dal tribunale il ramo d’azienda a pochi schei. “Il segreto di una società vincente – spiega Sergio Gasparin, che lavorò con i Pozzo a Udine – è una organizzazione manageriale con le figure adeguate. Il risultato in campo è la conseguenza. L’azienda calcio è sì atipica, ma deve seguire le regole. Ci vogliono le leadership giuste. Il calciatore decisivo è una gestione efficiente a tutti i livelli”. Come dire, i proclami non servono.


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