Esteri

PRIMA PAGINA-La parola d’ordine in Medio Oriente è “de-escalation”

di Giuseppe Ariola -


Dopo gli oltre 300 tra missili e droni con i quali l’Iran ha attaccato il sud di Israele, la situazione in Medio Oriente si fa sempre più incandescente e la diplomazia mondiale è al lavoro per scongiurare un’escalation che avrebbe ripercussioni potenzialmente catastrofiche sullo scacchiere globale. Non a caso dal G7, che a seguito dei bombardamenti ha convocato una riunione d’urgenza, emerge l’esigenza di una de-escalation e l’intero Occidente, attraverso i vari capi di Stato e di governo, fa appello alla “moderazione”. Un invito che, dopo aver fermamente condannato l’attacco iraniano, ha fatto suo anche Giorgia Meloni. Tanto che la presidente del Consiglio italiana si è attivata in una lunga serie di contatti con i principali attori delle regioni mediorientali. Obiettivo comune è quello di evitare che il conflitto si ampli aggravando una situazione già tragica. Dal gabinetto di guerra israeliano trapela la volontà di reagire, ma circa la modalità e la relativa durezza della rappresaglia, sul tavolo ci sono diverse opzioni con differenti livelli di intensità. Ne abbiamo parlato con il presidente della commissione Difesa della Camera, Nino Minardo, con il quale abbiamo affrontato i possibili scenari e l’eventuale possibilità di un coinvolgimento dei nostri contingenti di stanza nella regione.

Presidente, l’attacco iraniano, ampiamente annunciato, è stato più gesto dimostrativo o voleva essere una ritorsione in piena regola nei confronti di Israele?

Non mi sento di derubricare a gesto dimostrativo il lancio di centinaia tra droni e missili verso Israele. Se oggi non contiamo le vittime è perché lo scudo aereo israeliano è stato come sempre molto efficace.

Il mondo intero, a partire dagli Stati Uniti, chiede moderazione. Sembra quasi un appello a Netanyahu affinché la reazione di Israele non infiammi ulteriormente gli animi. Alla luce della situazione, è possibile attendersi una risposta squisitamente diplomatica?

Gli Stati Uniti ma anche la nostra diplomazia si stanno muovendo in Medioriente con grande ed apprezzabile equilibrio: vogliono difendere il diritto di Israele ad esistere e al contempo non vogliono infiammare il mondo arabo. Non so se questo eviterà una risposta militare israeliana ma ricordo che durante la prima Guerra del Golfo, quando decine di Scud iracheni colpirono Tel Aviv e Haifa, George Bush senior convinse il premier israeliano Shamir a non reagire alla provocazione di Saddam Hussein.

Di fatto la situazione diventa sempre più preoccupante. Se da Tel Aviv si dovesse decidere di rispondere all’attacco dell’Iran che scenario rischia di aprirsi?

Le eventuali conseguenze di una reazione israeliana all’attacco iraniano dipenderanno soprattutto da quanto sarà intensa la risposta. Detto questo mi permetto di sottolineare quanto evidenziato dal portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale statunitense, John Kirby: «Non vogliamo che ci sia una guerra più ampia contro l’Iran».

Il riavvicinamento degli Stati Arabi a Israele potrebbe determinare un fallo di reazione di quei paesi, come appunto l’Iran, che mirano a destabilizzare la situazione anche per impedire un rafforzamento dell’asse tra il mondo arabo moderato e l’Occidente?

E’ chiaramente uno degli obiettivi dell’Iran. Per questo serve molto buonsenso da parte israeliana per non rendere troppo scomoda la posizione di questi paesi. Per adesso si lavora molto alla propaganda, ad esempio sui social media hanno cominciato a circolare fotomontaggi che mostrano Abdallah II, il re giordano, con indosso la divisa dell’esercito israeliano.

Giorgia Meloni ha plaudito all’appello del G7, di cui l’Italia detiene la presidenza, per una de-escalation ed ha annunciato di essere in contatto con i principali attori delle regioni del Medio Oriente. E’ una strategia finalizzata a una sorta di moral suasion in tutto il mondo arabo per abbassare la tensione o una ricognizione per avere maggiore contezza di quale sia l’effettivo livello di tensione nell’area?

L’obiettivo primario è una de-escalation, dobbiamo in tutti i modi evitare che il Medioriente sia il teatro di un nuovo disastroso conflitto.

Lei ha annunciato la richiesta di un confronto con il ministro Crosetto, anche alla luce della presenza delle nostre forze armate nello scacchiere mediorientale. Precauzione, atto dovuto o rischio di un acuirsi degli scontri nelle zone presidiate dai soldati italiani?

In queste situazioni siamo chiamati purtroppo a ipotizzare ogni scenario, anche quello peggiore. E un’azione militare israeliana in Libano contro i gruppi filo-iraniani come Hezbollah potrebbe essere uno di questi. Il nostro contingente sotto le bandiere Onu si trova in una zona caldissima, e le rassicurazioni non sono mai troppe.


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