Attualità

LA PATRIA CHE NON C’E’

di Redazione -


Perché il pensiero globalista ostacola il senso e il valore di Patria? E’ giusto non avere appartenenze? 

Non sentirsi parte di un luogo che non è solo un ambiente, ma un posto dell’anima, dove scorrono storie, sentimenti e valori che stanno alla base e alimentano il nostro essere? 

Quali i pericoli di un’umanità senza Patrie? E l’attuale Europa è una vera Patria?

 

Se provate a chiedere a qualcuno cos’è la Patria, vedrete che molti non sanno rispondere, altri biascicheranno qualcosa di non ben comprensibile e altri ancora disconosceranno l’importanza di darle una definizione.

E’ il risultato di questi tempi, nei quali è già complicato sapere chi siamo, figuriamoci dover definire qualcosa d’impalpabile, di metafisico.

Eppure della Patria nessuno può farne a meno, così come non può fare a meno della madre o del padre. Perché la Patria è il luogo dove tutto ha inizio, dove si emana il primo vagito, dove abbiamo incontrato per la prima volta lo sguardo di un genitore, di un fratello, di un nonno. Dove abbiamo sentito il profumo primo del mondo. 

La Patria non è solo un luogo, un ambiente, ma qualcosa di più. E’ la storia che ci appartiene e ci accomuna come popolo, è la lingua che si condivide con altre persone, è la tradizione che si tramanda, è la cultura che ci caratterizza, è l’arte che si riverbera in ogni angolo del nostro territorio, è la poesia che l’ha disegnata nella sua essenza, è il pensiero che ha accompagnato l’evoluzione di una terra. E’ l’impegno, il sentimento, le lotte profuse da un popolo per superare un momento contingente particolare, per aspirare a un vissuto comunitario migliore. 

E il sentimento di Patria spinge a riconoscere a rispettare e a dialogare con chi lo stesso sentimento nutre in luoghi altri. Considerando l’incontro tra le diverse storie, radici, tradizioni e culture, costruttivo ed evolutivo. E non solo, facilita la concezione e la realizzazione di una Patria più ampia, quella condivisa da popoli diversi, come dovrebbe essere l’Europa. Una casa comune nella quale ogni Stato mantiene la propria individualità, la propria sovranità, in un’organizzazione federale e mutuale nella quale condividere istituti e norme di interesse strategico comunitario. E non un’istituzione, come quella attuale, basata unicamente sul mercato e sulle regole finanziarie, per nulla solidale e priva di qualsiasi visione finalizzata al vero bene dei suoi cittadini. 

Noi non siamo fatti solo di carne e d’ossa, ma di tutto ciò che ci ha preceduto, che ha mosso la nostra civiltà. Siamo fatti delle pulsioni e delle idee che hanno governato gli animi e fatto vibrare la speranza e i cuori dei nostri avi. E siamo fatti della bellezza che ci è stata donata, quella naturale e quella creata dall’uomo. Noi a tutto questo apparteniamo. E tutto questo ci appartiene. Non siamo, come vogliono farci credere, delle entità senza appartenenza, senza valori di riferimento precisi, senza storia che non sia quella attuale, senza confini, senza un pensiero costruttivo e alternativo, senza sentimenti che non siano quelli di un amore a tempo o solo universale, senza differenze di ambiente, di percorsi, di cultura, di storie, senza un Dio. Dice Marcello Veneziani nel suo ultimo libro: “Dispera bene” (Marsilio editore), “La tua patria, come la tua memoria è oggi in una card, la tua identità è in un chip; tutto è portatile, non ha confini, si muove nel mare delle onde magnetiche del nostro infinito presente globale. Sei in balia del sistema: se saltano i collegamenti, se perde la memoria o si smagnetizza, se non paghi l’utenza, se salta la rete, nuvole d’archivi incluse, sei tagliato fuori”. E’ un aspetto dell’ideologia di cui si servono il mercato, la finanza e la tecnica per imporre le loro volontà, le loro logiche, il loro catechismo a cui tutti devono sottostare, devono rimettersi per sentirsi inclusi e considerati. Un’ideologia contraria al senso e al sentimento di Patria perché ostacola la concezione di un uomo e d’una umanità piegati ai valori da essa imposti: il consumo, la fede unica e infinita verso ciò che è tangibile, verso quell’essere umano libero da schemi morali ed etici, egoista ed edonista, che si considera l’invulnerabile padrone di tutto, a cui ogni cosa è dovuta e permessa, salvo poi ritrovarsi solo, labile, povero di spirito e di bussole per navigare nel mare della vita. Una cultura che non accetta limiti territoriali, perché il mercato deve essere globalizzato, come il pensiero che lo veicola, che lo facilita, che uniforma opinioni, tendenze, gusti e giudica inammissibile ed etichetta come incivile ogni pensiero che ad esso si oppone. Non è concepibile per le logiche mercantili, anteporre a esse il sentimento per la famiglia, per la storia di una nazione, per le sue radici, le sue tradizioni, la sua cultura, per il bene di una Comunità, l’amore per le piccole cose, quelle semplici ma durature, per la fede in un Dio, perché contrari a una visione che vuole tutto, in ogni dove, acquistabile, vendibile, consumabile, senza alcun valore infungibile. Compresa la vita. E proprio i valori sono i nemici di questa dominante cultura globalizzata. Perché sono quelli che indicano una strada altra all’uomo. Quella dell’agire per il bene. Un bene condiviso e continuamente alimentato. Un bene duraturo, non depauperabile, non acquistabile, ma trasmissibile. Un bene che sa irradiare dentro ogni persona la voglia d’essere, della vita, una guida forte e sicura, in grado di sbarrare la strada a quanto proprio al bene autentico dell’uomo si oppone. 

La Patria è il luogo dove questo bene si realizza. Dove ci si sente se stessi. Dove si ritrova l’essenza vitale che spinge all’evoluzione. Dove alberga il desiderio di contribuire alla sua grandezza, al suo splendore, al suo costante rinascimento. 

La Patria è il nido dal quale partire e al quale far ritorno. E’ il grembo d’una madre dal quale nascere e nel quale cercare il lungo riposo finale.

Diceva in modo preveggente, quasi due secoli fa, Nietzsche: “Sento i corvi crocchiare, sciamando in frulli al vento verso città. Presto verrà a nevicare, disgrazia per chi non ha una Patria da abitare”.

Romolo Paradiso

 


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