L'identità: Storie, volti e voci al femminile Poltrone Rosse



Cronaca

La politica della legalità costruita con l’ascolto della società civile

di Francesco Da Riva Grechi -


Ogni buona lettura sulla politica e la democrazia insegna che la cultura di un popolo vive essenzialmente di partecipazione e progresso. Quella che i latini chiamavano civitas è oggi la comunità governata dalle leggi, indispensabili strumenti di governo e di pacifica convivenza. Il punto è che in Italia c’è una legge che viene approvata dal parlamento ed un’altra legge che, una volta promulgata dal Capo dello Stato, inizia a vivere nella società, dove deve essere rispettata, oppure nelle Corti e nei Tribunali, dove deve essere applicata, interpretata e diventare giustizia. Il testo letterale delle due leggi, quella parlamentare e quella fuori dal parlamento è ovviamente lo stesso, il significato delle disposizioni per , a poco a poco che, uscita dalla sede della sua approvazione, il cammino al quale è predestinata la conduce ad essere applicata nella comunità sociale o familiare o nella vita economica, cambia. Muta sempre di più, non solo a seguito del passare del tempo, ma anche con il diffondersi nelle persone che la devono rispettare ed osservare. Spesso il significato delle norme di legge viene completamente stravolto quando si trovano ad essere applicate nelle aule di giustizia. Ed è un fenomeno più di tutto italiano, anche se ormai diffuso anche altrove. A parere di chi scrive, non è solo un problema di conflitto tra poteri dello stato, legislativo e governo, da un lato, magistratura, dall’altro, è anche, e vorrei dire soprattutto, una questione di coscienza sociale, di educazione e di sensibilizzazione alla legalità. Un ruolo fondamentale in tal senso è svolto dai c.d. “corpi intermedi” che in questi ultimi due – tre anni si stanno ripresentando sulla scena della società italiana dopo decenni di progressiva scomparsa ed oblio. L’associazionismo, inteso come fenomeno generale di aggregazione intorno ad interessi comuni e diffusi, è diventato parte integrante della vita dei cittadini e forma vitale di partecipazione all’evoluzione democratica dell’Italia. L’art. 18 della Costituzione Repubblicana che appunto sancisce la libertà di associazione è diventato in questi anni ’20 del secolo XXI° una norma guida per la presenza nella società politica degli italiani. È come se la nazione stessa avesse richiesto la formazione di un tessuto nuovo, tra i singoli individui o le famiglie, singolarmente intese, da un lato, e lo Stato, con i suoi apparati, sempre in cerca di risorse, a sua volta elemento di cerniera tra i patrioti italiani e il superstato costituito dall’Unione Europea, con capitale Bruxelles, dall’altro lato. Ed è sensibilità particolare di questa maggioranza una capacità nuova di fare politica, focalizzata anzitutto sull’ascolto di tutte le voci che, appunto attraverso le associazioni, riescono ad arrivare alle antenne di coloro che hanno scelto l’attività politica puramente per passione e dunque non assordati dall’urgenza di bisogni propri, che nulla hanno a che vedere con il bene comune e l’interesse generale.  E questa cultura politica, per sua natura, non tradisce la purezza della legalità e delle norme, fresche di parlamento, perché non ha l’abitudine alla strumentalizzazione, si preferisce accompagnare la vita delle leggi, fuori dal parlamento, nella società civile, ascoltando le sue voci espresse dai suoi corpi intermedi.     


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