Attualità

PRIMA PAGINA – “La polvere dell’addio”, i suicidi da nitrito di sodio

di Lorenza Sebastiani -

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La chiamano “la polvere dell’addio”. A farne uso soprattutto giovani, apparentemente senza problemi, ma accomunati da una scelta definitiva: il suicidio per mezzo del nitrito di sodio, una sostanza che si acquista facilmente online a bassissimo prezzo. Un metodo che si è diffuso tramite il web, fino a diventare una minaccia per i giovani (e non solo), ma anche una pericolosa alternativa all’eutanasia legale in tutti i paesi.
Il fenomeno dei suicidi con nitrito di sodio esiste da quarant’anni nel mondo. È però esponenzialmente aumentato negli ultimi tre, anche se è difficile ottenere numeri certi, dal momento che non tutti i casi vengono portati alla luce, né riconosciuti come tali.
Nulla a che fare con l’eutanasia, comunque, che in molti paesi è vincolata legalmente a casi di malattia terminale e sofferenze considerate “insopportabili”.
Sono ormai storie quotidiane che ci toccano da vicino, quelle di ragazzi che purtroppo si sono tolti la vita in questo modo negli ultimi anni anche nel nostro paese.
Fabio Gianfreda,19enne di Latina, esce di casa, dice ai genitori che sarebbe andato a trovare un’amica a Roma, ma non tornerà mai a casa. Sarà ritrovato il giorno dopo nella stanza di un albergo vicino alla stazione Termini, privo di vita. Accanto a lui bottigliette piene d’acqua e nitrito di sodio. Un altro caso, Alessandro Cecconi, 18enne al quarto anno di un istituto tecnico di Bassano del Grappa, si collega in DAD per seguire una lezione, ma sullo schermo non appare. Lo troveranno i genitori al ritorno dal lavoro, senza vita, nella sua stanza.
Due casi di suicidio da nitrito di sodio, sostanza usata in campo agroalimentare per la conservazione di carne e pesce, che se diluita in acqua in specifiche dosi, è letale quasi al 100% in pochi minuti.
In rete se ne parla, ma non in modo corretto o funzionale. Molti media preferiscono tacere per evitare il fenomeno emulazione, ma i numeri continuano a crescere, perché il passaparola tra i giovani corre al di là delle censure di informazione. La metodologia è chiara: procedura semplice, basso costo, efficacia certa e zero burocrazie. Ma soprattutto, un vuoto incolmabile per chi resta.
Tutti questi casi seguono un protocollo racchiuso in web forum detti pro-choice, cioè ‘a favore della libera scelta’. Il più noto Sanctioned Suicide, regolarmente attivo e consultabile in vari paesi del mondo (compreso il nostro). In questi portali tutti i membri, anche giovanissimi, possono trovare, informazioni su come togliersi la vita in breve tempo, suggerimenti, farmaci da assumere 48 ore prima, dieta da seguire prima dell’assunzione del nitrito, dosaggi indicati per assicurarsi la letalità e consigli per non destare sospetti in famiglia sulle proprie intenzioni.
«Da quando Fabio se ne è andato siamo in contatto, da anni, con i famigliari di altri sei ragazzi italiani, la cui morte è correlabile a questa sostanza», a parlare è Marco Gianfreda, padre di Fabio, «Sappiamo che nostro figlio ha ordinato un chilo di nitrito via web, per tredici euro. Non ha spiegato il suo gesto, neanche nei video di saluto che ha lasciato nel suo pc. Abbiamo contatti con altri genitori di ogni parte del mondo».
Ma dove arriva la propria libertà personale? Il web è legittimato davvero ad offrire di tutto, anche la libertà di suicidarsi a dei ragazzini, che magari versano in un momento di fragilità psicologica?
La politica internazionale al momento, nei fatti, rimuove il problema. Un’inchiesta del New York Times anni fa ha rivelato nomi e nazionalità dei due amministratori, l’uruguayano Diego Joaquin Galante e Lamarcus Small, che vive in Alabama e che la BBC ha braccato per mesi, entrambi sotto indagine dell’Interpol. Secondo la testata americana sono 50 i casi di suicidi collegati al sito. Ma oltre 500 persone, tra cui molti minorenni, hanno dichiarato di volersi togliere la vita sul forum e non hanno poi più postato nulla. Un numero ufficiale, quindi, che ha il sapore di ufficioso.
Tante nel mondo le pagine social contro il forum, come Stop Sanctioned Suicide, gestita nel Regno Unito da Catherine Nihill Adenekan, che il 4 aprile 2020 ha perso il figlio 23enne Joe.
Sanctioned Suicide, attenzionato da organismi internazionali, ultimamente è corso ai ripari inserendo anche una sezione chiamata ‘Recupero’, per distogliere gli aspiranti suicidi dall’intenzione di togliersi la vita. In più, in home, è ben visibile una sorta di dichiarazione di non colpevolezza: “Non incoraggiamo, promuoviamo, consigliamo, suggeriamo o aiutiamo il suicidio in alcun modo o forma; forniamo solo uno spazio per parlarne. Sii responsabile, conosci le leggi del tuo paese, segui le regole del forum e sappi che il modo in cui utilizzi le informazioni pubblicate sul forum è completamente ed esclusivamente tua responsabilità”.
In Gran Bretagna, nel frattempo, in ottobre 2023 è stata approvata la nuova versione del documento Online Safety Act, che intende proteggere gli utenti della rete, sotto la spinta delle famiglie dei ragazzi suicidi. Ma quali sono le possibili soluzioni? Magari impedire la libera vendita del nitrito, riservandola ai soli operatori professionali, inserendola in una specifica lista presso il Ministero della Salute e fare in modo che i fornitori richiedano, al momento dell’acquisto, una prova che l’acquirente sia un operatore professionale. Ma anche avviare un percorso verso l’inserimento dell’obbligo di identità digitale per chi opera in questi forum. Infine, più difficile, segnalare ai colossi che gestiscono hosting e motori di ricerca di vigilare sull’etica dei contenuti promossi in questi forum.
Parlarne, al di là dei rischi di emulazione, è importante per informare genitori, operatori sanitari (l’antidoto esiste, è il blu di metilene) e gli stessi giovani.


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