Ambiente

La Reintegration Economy in Sardegna: 3 progetti Almo per la biodiversità

La Reintegration Economy di Almo lancia nuovi progetti. Fondazione Capellino, insieme a Blue Marine Foundation contribuirà in Sardegna al ripristino dei fondali, alla conservazione della biodiversità e all'ampliamento e al miglioramento dell’efficacia di gestione di tre aree marine protette considerate cruciali per il patrimonio ecosistemico dell’Unione Europea, del Mediterraneo e dell'intera isola.

di Redazione -


La Reintegration Economy di Almo lancia nuovi progetti. Fondazione Capellino, insieme a Blue Marine Foundation contribuirà in Sardegna al ripristino dei fondali, alla conservazione della biodiversità e all’ampliamento e al miglioramento dell’efficacia di gestione di tre aree marine protette considerate cruciali per il patrimonio ecosistemico dell’Unione Europea, del Mediterraneo e dell’intera isola.

A Capo Carbonara, una delle località più belle vicino Villasiumius, nella parte sud orientale della Sardegna, saranno messe in campo azioni di pulizia e smaltimento di attrezzi da pesca abbandonati o smarriti dai pescatori, che costituiscono una notevole fonte di inquinamento e un rischio per la delicata fauna e flora di questa zona.

Capo Carbonara, oltre ad essere la quarta località turistica della Sardegna per affluenza con oltre 1 milione di visitatori l’anno, ha un’importanza cruciale per gli ecosistemi marini. Non solo belle rocce granitiche sulle spiagge, ma vaste praterie di Posidonia oceanica: una delle 5 fanerogame mediterranee che appartiene alla lista delle specie marine protette dalle attuali convenzioni e direttive internazionali e le sue praterie sono considerate habitat prioritari in base alla Direttiva Habitat 92/43 CEE, perché importanti per la salute del mare e in preoccupante regressione. Rappresentano un grande polmone marino chiave per l’intero e complesso ecosistema costiero: per la produzione di ossigeno e assorbimento di CO2, per l’apporto di cibo e biomassa, come deposito di nutrienti e serbatoio di biodiversità, oltre che per la sua funzione stabilizzatrice sui fondali e sull’erosione della costa.

Le praterie di Posidonia e i diffusi sedimenti di natura bioclastica marina conferiscono dunque a Capo Carbonara un paesaggio marino di altissimo valore ambientale, offrendo una serie di rifugi per numerose specie che qui hanno possibilità di riprodursi e svilupparsi. Questo ecosistema è attualmente considerato dalla comunità scientifica uno dei più importanti del Mar Mediterraneo in termini di biodiversità.

Per questo progetto verranno investiti 74mila euro in 2 anni, con l’iniziativa già partita nel gennaio scorso grazie al coordinamento scientifico e alla progettazione di Fabrizio Atzori, direttore dell’AMP, specializzato in Biologia Marina.

A Capo Caccia, vicino Alghero, costa occidentale del nord della Sardegna, l’eccessiva frequentazione umana nella zona (attività di ancoraggio poco regolamentate) sta provocando, già da diversi anni, problemi alla biodiversità di quest’area marina, che comprende un complesso di 100 grotte sommerse (tra le più affascinanti si ricordano la ‘Grotta di Falco’, la ‘Grotta del Bisbe’ e la più grande grotta marina d’Europa chiamata ‘Grotta di Nereo’) frequentate da una fauna marina variegata e fondamentale per l’equilibrio dei fondali e del mare. I tecnici dell’area marina protetta installeranno quattro linee di ormeggio nell’estrema porzione meridionale del promontorio di Capo Caccia al fine di regolamentare maggiormente questa pratica e favorire l’attività subacquea dei diving autorizzati ad operare nell’area, proteggendo altresì l’habitat a coralligeno limitrofo all’ingresso di tali grotte, anch’esso habitat prioritario (Direttiva Habitat 92/43 CEE).

In questa zona vivono specie a rischio come il corallo rosso (Corallium rubrum), il riccio diadema (Centrostephanus longispinus), il tritone gigante (Charonia tritonis), il dattero di mare (Lithophaga lithophaga), la ciprea porcellana (Luria lurida), e molluschi gasteropodi come la Patella ferruginea. E lì il progetto prevede un rapporto semestrale che sarà redatto per illustrare la progressione del lavoro, ed un rapporto finale che evidenzierà i risultati in termini di conservazione ottenuti (e che saranno garantiti nel tempo).

Per questo progetto verranno investiti 20mila euro in un anno, con le attività operative da 7 mesi, con il coordinamento scientifico e la progettazione a cura di Mariano Mariani, dfirettore dell’AMP, e del Parco regionale di Porto Conte.

E infine, il Parco Nazionale dell’Asinara con la sua area marina protetta (estremità nord-occidentale della Sardegna). In questo caso, l’area marina avvierà l’iter istruttorio per proporre l’aggiornamento dei principali strumenti di gestione, regolamento e disciplinare integrativo e verrà anche valutata la possibilità di una gestione condivisa dell’intera area ZSC (zona di conservazione speciale). Saranno implementate le misure di gestione della pesca locale, permettendo un recupero degli habitat per molte specie autoctone e il mantenimento di una ricca e importante biodiversità. Saranno attivate importanti collaborazioni con altre marinerie del Mediterraneo con scambi di buone pratiche nella gestione delle risorse alieutiche.

Quest’area ospita specie vulnerabili come la cernia bruna (Epinephelus marginatus) e la corvina (Sciaena umbra), divenute rare al di fuori dell’Area marina protetta a causa della pesca eccessiva. Sono presenti, inoltre, alcuni mammiferi marini minacciati inclusi nella Lista Rossa IUCN, come i delfini tursiopi (Tursiops truncatus), e le balenottere comuni (Balaenoptera physalus) e la tartaruga Caretta caretta.

Per questo progetto verranno investiti 50mila euro in 2 anni, con iniziative operative da 5 mesi, con il coordinamento scientifico e la progettazione a cura di Vittorio Gazale,  direttore dell’AMP, e dal Parco Nazionale.

“Non dobbiamo dimenticare che mari e oceani producono il 50% dell’ossigeno sulla terra – dicono in Almo -: sono delicati ecosistemi in cui vivono specie animali e vegetali cruciali fin dalla preistoria. Questo immenso mondo blu immagazzina fino a 50 volte più anidride carbonica della nostra atmosfera e assorbe circa il 25% delle emissioni di CO2 generate ogni anno dall’attività umana e dall’inquinamento terrestre. La creazione di nuove aree marine protette, così come l’implementazione di quelle preesistenti, sono una delle priorità dell’Europa e rientra negli obiettivi della Strategia europea per la biodiversità 2030”.

Ma come funziona il meccanismo della Reintegration Economy varato da Almo? L’azienda opera nel vasto mondo del pet-food e può essere definita a tutti gli effetti “attivista” in un modo particolarissimo e assai concreto: tutte le persone che acquistano, infatti, le sue crocchette per nutrire i propri cani e gatti, di fatto investono non solo in cibo di qualità HFC (con ingredienti in origine destinati al consumo umano) e con una digeribilità elevatissima (fino al 98.73%, secondo uno studio dell’Università di Teramo) ma anche in salvaguardia della biodiversità: il 100% dei profitti di Almo Nature (al netto di costi e tasse) viene infatti messo a disposizione del bene collettivo anziché destinato al vantaggio personale. Ciò da quando, nel 2019, i due fratelli proprietari hanno donato interamente (e con atto irreversibile) l’azienda alla Fondazione Capellino, per la quale è stato coniato il termine “ente commerciale senza scopo di lucro”.  In Italia, infatti, è la prima volta che una Fondazione possiede un’azienda che destina il 100% dei profitti (al netto di costi e tasse) a progetti la cui finalità non apporta vantaggio ad un imprenditore ma a una finalità comune.


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