Attualità

“La Shoah deve insegnare a cercare la pace ma Ue e Usa vogliono allargare la guerra”

di Eleonora Ciaffoloni -

MONI OVADIA


Un Giornata della Memoria in tempo di guerra. Un ossimoro, eppure è quello che sta accadendo, con il conflitto riacceso in Europa dopo ottant’anni. Domani ricorre la memoria dell’olocausto: un “Mai più” solenne che per l’attore e musicista Moni Ovadia deve significare “l’impegno di tutti a contrapporsi a ogni violenza” e la necessità di arrivare “immediatamente alla pace”.
Domani la Giornata della Memoria, in pieno conflitto: cambia il senso del ricordo?
“Vivo una Giornata della Memoria dopo l’altra e vedo aumentare il tasso di retorica insieme alla pletora di film, trasmissioni. La mia impressione è che la Giornata della Memoria ha senso come uno strumento propellente per costruire una società diversa. Io sono ebreo, so bene cosa ha significato la Shoah. E mi impegno a mantenere viva la memoria. Però non posso tollerare la poca attenzione che si dà allo sterminio vero: sterminati antifascisti, slavi, menomati, omosessuali, testimoni di Geova. Ci sono stati altri genocidi dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ed è stato gridato ancora sulle ceneri della guerra, è stato preso l’impegno solenne: è stato detto ‘Mai più’. Io non vedo questo impegno e non vedo una ripulsa delle discriminazioni, delle violenze e dei massacri insensati. Il ‘Mai più’ della Shoah, dovrebbe implicare l’impegno di tutti a contrapporsi a ogni violenza perpetrata da chiunque contro chiunque. A edificare una società di pace, perché gli orrori si generano nelle guerre. Anche i nazisti hanno avviato lo sterminio nel 1942, quando la guerra era iniziata nel 1939. Le guerre sono foriere di catastrofi e di orrori. È necessario cercare immediatamente la pace”.
Violenze e orrori che stiamo rivivendo tra due popoli in Ucraina…
“È una guerra tragica, con orrori e morti che le guerre portano. Però sembra che questa guerra si voglia alimentare, invece di prendere iniziative di pace e diplomatiche, mentre si approfitta per fare retorica e propaganda. L’ultima trovata è quella di chiamare Zelensky a Sanremo, che trovo scellerata e funesta. Vuol dire mediatizzare la guerra. E rinnovo la mia solidarietà al popolo ucraino, ma non ai suoi governanti che hanno una attitudine sinistra. Perché questa è una guerra che comincia ben prima e non è per democrazia o per libertà, questa è una fola. Come spiega il professore Emiliano Brancaccio, è una guerra di due capitalisti: il debitore e il creditore. Si muove tutto per interessi geostrategici ed economici. E con prese di posizione a priori, come quella atlantista occidentalista solo foriera di disastri: ne sanno qualcosa Iran e Afghanistan”.
Interessi non solo della Russia?
“Putin non è il nuovo Hitler, ma un autocrate con concezione di potere personale. E non può non ricordare quello che gli Stati Uniti avevano promesso a Gorbaciov, cioè che la Nato non si sarebbe estesa di un solo pollice dopo l’ex Germania dell’Est. Putin li considera dei bugiardi immatricolati. E chi tira le fila di tutto sono gli Stati Uniti, l’Europa conta poco e non può fare altro che accodarsi agli ordini degli Usa. La storia che è veramente inquietante è che l’Europa non abbia saputo dire è che in una questione interna gli americani dovevano starne fuori. Tutti i Paesi che mandano le armi sono contro la guerra: e anche la mossa di Zelensky a Sanremo serve a compensare il deficit di credibilità dei governi nella guerra per seguire i propri scopi e interessi”.
Stiamo vivendo ciò che volevamo non si ripetesse. È un insulto alla Memoria?
“La prima cosa che mostrerebbe la sincerità del ricordo è cercare la pace immediatamente e veramente. Come una conferenza senza precondizioni, che duri tutto il tempo necessario, purché non ci siano più morti. Invece è tornata la retorica bellicistica, il riarmarsi e riempire di armi il pianeta. La Shoah dovrebbe anche insegnare a non entrare in guerra e a uscirne il prima possibile. Invece pare che le armi siano ritornate al centro dell’attenzione. Tutte le iniziative contro la guerra vanno sostenute con forza e partecipazione. Noi abbiamo una classe dirigente mediocre, e priva di qualsiasi orizzonte, progetto e sguardo sul futuro. Che terreno prepariamo ai nostri giovani? Un terreno avvelenato. Per questo non serve la retorica della memoria.
Serve educazione alla cultura fatta in profondità e non solo cavalcando il momento emotivo”.

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