Editoriale

La Signora in Verde

di Tommaso Cerno -


Non serve Jessica Fletcher, la mitica Signora in Giallo, per capire perché la Signora in Verde, Eleonora Evi, co-portavoce dei Verdi di Bonelli (quelli che assieme a Fratoianni ci hanno propinato Soumahoro in Parlamento) ha sbattuto la porta e attaccato il suo partito definendolo patriarcale. Già, proprio quelli della parità e del politically correct.

Sembra una nemesi che proprio il partito che ha più di tutti professato l’uguaglianza, il superamento del gap maschi-femmine, le quote rosa, si ritrovi con Eleonora Evi che sbatte la porta e accusa i vertici del suo partito di quel patriarcato che per la sinistra dei talk show è il vero mandante perfino dell’omicidio di Giulia Cechettin. Una sensazione che, a tutti gli effetti, era nell’aria. Io stesso qualche ora fa avevo commentato la doppia nomina dei maschietti in questione, Fratoianni e Vendola, al vertice di Sinistra italiana l’alleata dei Verdi. Una nomina giunta per acclamazione che mi dava l’impressione del perpetuarsi della stessa classe dirigente, quella che ha fatto le liste fra mogli e mariti più o meno consapevoli, quella che ha messo in parlamento come simbolo della lotta in favore gli ultimi tal Aboubakar Soumahoro finito nel tritacarne di una indagine sulle coop gestite dalla di lui moglie e di lui suocera che stanno ancora agli arresti domiciliari. Insomma un bell’ambientino.

Ma, come capita ormai sempre, non appena aveva suggerito una riflessione in merito sono piovuti sui social i soliti insulti patriarcali da maschio alfa che arrivano quando ti permetti di ledere alla maestà della sinistra senza macchie e senza colpe che alberga a sbafo in questo Paese da molti anni. Nella trafila di scemenze che si erano riversate contro di me l’accusa di essere uno dei mandanti dell’omicidio Cechettin, per questa mia storica voglia di maschilismo che connota tutta la mia biografia di omosessuale da sempre schierato per la libertà di opinione e di espressione. E devo dire che i toni usati da me, “più che patriarcato padronato”, sono all’acqua di rose rispetto agli insulti che tali signori mi hanno riversato addosso. L’avevo preso per una rosicata, prima di leggere le accuse che Eleonora Evi, la cooportavoce dei Verdi di Angelo Bonelli, alleato storico del duo Fratoianni-Vendola. Dice Evi che il suo partito, quello che ci propina la parità e che accusa di fascismo la Meloni, di qualunquismo chiunque ponga un dubbio su Soumahoro e la loro gestione dei migranti e via discorrendo, è un ennesimo partito patriarcale e personale.

Una specie di versione green di Re Sole e della sua corte, insomma, fatta apposta per sedersi al caldo in Parlamento se possibile con mogli al seguito. Ed eccoci qui, a vedere l’Italia reale. Quella cioè dove tanto tiri la corda che sono i tuoi sodali i primi a sbottare e a dirci, come il bimbo del re nudo, la verità che la dialettica politica vietata nel Paese come fu vietato uscire di casa senza green pass, ciò che tutti vedono. Perché la signora in questione tocca il punto: finché si tratta di dare incarichi inutili, sottopancia per la tv, cadreghe ai convegni tutti sono aperti al partito del futuro. Poi arriva la politica, quella maschile, fatta di poltrone, stipendi e posti in lista. E puff, come per magia, la verde resta al verde. E adesso le resta da dirci che il maschilismo sta tutto a destra, perché Giorgia Meloni, leader del suo partito e capo del governo, si fa chiamare presidente e non presidentessa. Pur sempre del Consiglio dei ministri.


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