Politica

“La sinistra delle tessere vuole Bonaccini. Silvio? Sembra quasi un eroe”

di Edoardo Sirignano -

FAUSTO BERTINOTTI PRESIDENTE FONDAZIONE CERCARE ANCORA


“Nel partito degli eletti, delle rappresentanze e degli amministratori è normale che vinca Bonaccini. Il problema che stiamo parlando di un qualcosa già morto. Basta guardare quanto sta succedendo sull’Ucraina, dove c’è una classe dirigente che vuole fare la guerra, mentre il popolo invoca la pace”. A dirlo Fausto Bertinotti, ex presidente della Camera e leader di Rifondazione Comunista
Mancano solo tre giorni alle primarie dem. Che idea si è fatto?
Nessuna! Non mi sembra che gli attuali candidati siano in grado di suscitarne una.
Il termine “sinistra” quanto è stato centrale nel dibattito?
Il tema non dovrebbe essere la sinistra, piuttosto la sua rinascita, considerando che da tempo è morta sia in Italia che in Europa. Stiamo parlando di un qualcosa di unico, ma allo stesso tempo di drammatico. Il problema è capire, appunto, dove può risorgere in un secolo di intemperie. Questa domanda, purtroppo, non se l’è posta nessuno. La ricerca è assente.
Perché ritiene importante tale interrogativo?
È l’unica strada per affrontare il nuovo capitalismo, che si ripropone come grande problema.
Conte, intanto, si candida come nuovo riferimento di un’area. Può essere l’uomo della svolta?
Non ho mai sentito usare da Conte il termine sinistra. La sua soggettività, d’altronde, non pone neanche il dubbio. Si candida, piuttosto, a essere il capo di una forza di opposizione e va preso sul serio come tale. I nomi sono importanti in politica. L’ex premier ha usato il termine progressista o altri vocaboli congrui alla sua impresa, ma ha scelto, non casualmente, di non parlare di sinistra. Sono i giornali a mettergli in bocca tale parola. Toccherebbe ad altri questo compito delicatissimo.
A chi?
A ciò che si muove dentro la società civile, a quanto vive nel conflitto sociale, nelle forme di critica al mercato, a chi propone nuove forme di solidarietà con i migranti, a chi realizza forme scuole per i non abbienti, a chi spende la propria esistenza per risolvere i problemi delle periferie. Queste forze, fuori dal recinto dei partiti esistenti, parte della crisi, hanno dentro la pancia la possibilità di costruire, perché non è detto che accada, una nuova sinistra.
Chi vincerà, a suo parere, tra Schlein e Bonaccini?
Il Pd è oggi essenzialmente un partito di rappresentanze o meglio ancora degli eletti, delle amministrazioni. Questa base materiale è propensa ad avere come leader Bonaccini. Ecco perché la sua vittoria è abbastanza scontata. Detto ciò, non mi affascina questo duello.
Questo mondo, intanto, diventa oggetti di discussione per gli ormai abituali scandali sulle tessere false o in bianco…
Non mi sorprende più nulla. A queste latitudini, occorreva un’impresa, riscoprire un senso di appartenenza perso. È un grande compito per una grande impresa politica. Quando non c’è il compito, né la politica, tutto può accadere.
Per realizzare qualcosa di nuovo occorre dare spazio a facce differenti…
Le difficoltà non riguardano le persone, ma la costituente. Le classi dirigenti si selezionano in base alle cose da fare. Non s’inventano, né devono essere prodotto da laboratorio. Dovrebbero, al contrario, venir fuori da un processo politico e sociale. Potrebbero, esserci, poi, atti che favoriscano un ricambio. Mi riferisco, per esempio, a un impegno che l’attuale nomenclatura potrebbe prendere per il futuro: non ricandidarsi. Non bisogna per forza essere generali, si può anche militare. Sarebbe un gesto importante e significativo, un atto liberatorio.
Nonostante ciò, il Pd, tra le opposizioni, alle regionali, è la forza che più ha retto di fronte all’avanzata delle destre. Perché?
Se non si è affetti da strabismo politico, bisogna considerare che ha votato un terzo della popolazione elettorale. Il venti per cento di mille non è uguale al venti per cento di cinquecento. Trovo questa mistificazione corrente nelle comunicazioni. Non è innocente. Serve, piuttosto, a farci credere che viviamo in un regime democratico, quanto sostanzialmente non è così. Su tale base, il confronto tra le forze avviene in base a percentuali e non invece su voti reali. Se si facesse il raffronto tra il passato e il presente considerando solo questo elemento, si aprirebbe un quadro di condanna esplicita alla politica corrente. In un contesto residuale di partecipazione, è abbastanza comprensibile che il Pd abbia una sua consistenza, avendo una presenza significativa nella rappresentanza e nel governo di alcune situazioni. Escluso il popolo, i dem sono in campo per garantire una quota. La non esistenza di un partito non vuol dire che non possa avere una propria componente dell’Italia democratica e civile. Detto ciò, parliamo di irrilevanza.
Il Nazareno, quindi, è una sorta di rappresentanza delle Ztl?
È semplicemente il partito di una fascia di ceti abbienti, tradizionalmente politicizzati. Questa è la verità.
Al centro dell’agenda c’è certamente la guerra. Nella giornata di martedì Meloni ha fatto visita a Zelensky. Qualcuno ha parlato di atlantismo esasperato. È d’accordo?
Stiamo parlando di una mancanza continentale, non solo italiana. In un conflitto che vede protagonista l’invasione russa, la replica patriottica dell’Ucraina, l’intervento degli Stati Uniti che si trascinano la Nato, dov’è l’Europa? Qualcuno, poi, fa finta di non ricordare che esiste l’Asia, dove ci sono nazioni in crescita e il cui ruolo viene sottovalutato. La nostra classe dirigente, in contraddizione con le tendenze, che vedono il popolo schierato per una politica di pace, pensa solo a fare la guerra. È un fatto drammatico. Come sostiene il pontefice un linguaggio bellico si è impadronito di chi ha il compito di scrivere la storia, soprattutto in Occidente.
Pur provenendo da una cultura politica differente, condivide le ultime esternazioni di Berlusconi, abbastanza critiche verso Palazzo Chigi?
Non capisco perché andare sempre a seguito di altri pensieri. Ritengo che ciò che resta dell’idea di sinistra dovrebbe militare radicalmente per la fine delle ostilità, ovvero criticare la guerra di Putin ma anche determinate scelte degli Stati Uniti e della Nato. Solo così ci si muove sul terreno della pace. L’unico riferimento, in questo momento, per ogni area dovrebbe essere Papa Francesco.

Torna alle notizie in home