Attualità

La Sinistra vuole riempire le culle con lo Ius culturae

Agli Stati generali della natalità Letta chiede la cittadinanza facile sebbene l’apporto degli immigrati alla demografia sia sempre più debole. La Meloni lancia invece l’allarme antropologico

di Mariagrazia Biancospino -


Se ieri è stato il giorno degli interventi del presidente della Repubblica Mattarella e di Papa Francesco, entrambi concordi che la crisi demografica rappresenti un fardello, oggi agli Stati generali della natalità hanno parlato i leader politici. Anche il loro è stato un coro unanime di allarme sulla penuria di nascite, tuttavia, a parte il giusto tormentone sulla necessità di investire di più sulle politiche familiari, non si registra la medesima omogeneità di visione sul problema. Da un lato, infatti, si schiera una destra convinta che vada arginato il processo di demolizione dell’istituto familiare e dell’identità sessuale, considerato una delle cause culturali della denatalità; dall’altro un centrosinistra che continua a far affidamento all’immigrazione, chiedendo la cittadinanza facile per colmare il gap demografico.

Cita numeri il leader di Azione, Carlo Calenda, che durante il suo intervento all’Auditorium della Conciliazione di Roma ha spiegato che “ci troveremo a spendere in particolare quasi l’8% del Pil per le lunghe assistenze e le malattie croniche” se non si arresterà la tendenza all’invecchiamento della popolazione. Di qui la sua proposta di “mettere i soldi in tasca” ai giovani per consentire loro di uscire fuori di casa. Il punto sulle ragioni dell’inerzia politica rispetto al problema lo ha centrato in un videomessaggio il segretario della Lega, Matteo Salvini. “Probabilmente perché questo non porta voti domani mattina”, ha detto, mentre fare figli “porta lavoro e benessere”.

Occorre dunque armarsi di lungimiranza accantonando il presentismo. Del resto, come ha sottolineato Giorgia Meloni, che ha ricevuto durante la kermesse l’apertura del vice-ministro dell’Economia Laura Castelli alla proposta inserita nel programma elettorale di Fratelli d’Italia dell’Iva agevolata sui prodotti dell’infanzia, “se noi non facciamo figli, crolla tutto il sistema di produzione economico”. Per l’ex ministro della Gioventù, sebbene “qualcosa sia stato fatto” (il riferimento è presumibilmente all’Assegno unico universale), serve “un piano imponente di sostegno alla natalità”. L’appello di FdI è a rivedere le priorità del Pnrr, inserendo in cima il tema delle demografia.

Ma – e qui veniamo alla parte più profonda del suo intervento – la Meloni ritiene che la denatalità sia “una questione non solo economica o di priorità”. La presidente di FdI rileva che “nel tempo della globalizzazione tutti i presìdi di identità sono sotto attacco: lo è la famiglia e il primo presidio sotto attacco è la madre…”. La Meloni ha fatto riferimento all’ideologia gender, accusandola di impattare sulle donne: “Se si abbatte l’architrave della maternità, possiamo discutere tutti gli asili nido che vuoi, ma questa società è spacciata”. Ne fa dunque una questione antropologica, la Meloni: inutile investire risorse economiche con una mano, se con l’altra si alimenta il processo di decostruzione delle identità. E inutile anche aspirare, come ha fatto Enrico Letta nel suo intervento, che ogni coppia abbia tre figli, se non si precisa come compiere questo balzo (l’attuale tasso di fertilità è di 1,24 figli per donna). Certo non saranno gli immigrati a salvarci, sebbene Letta sia tornato a cavalcare questo cavallo di battaglia della Sinistra. “Dobbiamo integrare dei bambini che magari non sono nati in Italia ma che parlano italiano”. Peccato che gli ultimi rapporti Istat dimostrino che l’apporto demografico dell’immigrazione stia lentamente perdendo efficacia. Le culle non si riempiono con lo Ius soli, né con lo Ius culturae. Ma con un cambio culturale, che è un’altra cosa.


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