Esteri

La Slovacchia al voto tra vecchi spettri e nuove paure

di Ernesto Ferrante -


Si vota a Bratislava, si trema a Kiev. Nelle prossime ore si capirà se la Slovacchia con il voto manterrà la sua linea liberale e filo-occidentale o si avvicinerà maggiormente a Mosca. Le elezioni slovacche vengono monitorate con attenzione e preoccupazione dai leader europei anche per il loro possibile impatto sul sostegno all’Ucraina.
Con Varsavia sempre più “fredda” e Budapest apertamente di traverso, il fronte pro Zelensky rischia di dover fare i conti con un’altra crepa. Il partito favorito in questa tornata è Smer-Sd, guidato dal filorusso Robert Fico, che parla di “nazisti e fascisti ucraini”. Una sua vittoria potrebbe portare quindi ad un stop al sostegno militare ai vicini di casa.
Già premier fra il 2012 e il 2018, quando fu costretto a dimettersi dopo le proteste innescate dall’assassinio del giornalista autore di inchieste sulla corruzione all’interno della forza partitica al potere, Jan Kuciak e della sua compagna, ha affermato che se dovesse tornare al potere non invierà “un altro solo proiettile” agli ucraini.
Ha etichettato inoltre le sanzioni occidentali e dell’UE contro la Russia come “inutili” e ha promesso di porre il veto a qualsiasi richiesta dell’Ucraina di aderire alla Nato.
Ammiratore del leader ungherese, Viktor Orban, e in misura minore del partito nazional-conservatore polacco Diritto e Giustizia, Fico ha affermato nel corso di una recente manifestazione: “La guerra viene sempre dall’ovest. E la libertà e la pace vengono sempre dall’est”.
Ha anche condotto una campagna contro l’immigrazione e i diritti LGBTQ + e ha minacciato di licenziare gli investigatori dell’Agenzia nazionale per il crimine e il procuratore speciale che si occupa di casi di corruzione ad alto livello.
Gli analisti ritengono che mentre durante i precedenti mandati il socialdemocratico si è dimostrato pragmatico e desideroso di evitare inutili scontri con Bruxelles o gli altri Stati membri dell’Alleanza atlantica, questa volta potrebbe seguire una strada diversa. Le sue scelte politiche dipenderanno, naturalmente, dal tipo di coalizione che ne potrebbe venire fuori. I suoi potenziali compagni di viaggio vanno da Hlas al partito di estrema destra Republika, composto da ex membri del Partito popolare apertamente neonazista “Nostra Slovacchia”.
Gli elettori liberali più moderati, nel frattempo, si sono riversati sul partito liberale e centrista Slovacchia Progressista del 39enne laureato in scienze politiche di Oxford e vicepresidente del Parlamento europeo Michal Simecka, che ha comunicato la sua indisponibilità ad entrare in un esecutivo con gli estremisti.
Ha condotto una campagna fortemente filo-occidentale, promettendo di “approfondire la cooperazione europea” e di continuare a sostenere l’Ucraina. Si è dichiarato anche a favore dei diritti LGBTQ +.
Non solo politica estera. Non mancano infatti le “spine interne”, più sentite dall’elettorato. La Slovacchia è il Paese dell’eurozona con il più alto tasso di inflazione, al 10%, ed un sistema sanitario ormai al collasso finanziario, che espone a rischi i pensionati e i residenti nelle regioni più svantaggiate.
La coalizione di quattro partiti guidata prima dal premier Igor Matovic e poi dal suo successore Eduard Heger, al timone dal 2020, ha progressivamente perso la fiducia iniziale a causa di continue tensioni al suo interno.
Si presenta divisa al voto e dilaniata da polemiche intestine sul modo in cui ha gestito la pandemia. Lo scorso maggio la presidenza ha affidato a Ludovit Odor, un burocrate espressione del grande potere finanziario, l’arduo compito di capeggiare un governo tecnico. Le votazioni si concluderanno alle 22 italiane, con exit poll previsti subito dopo.

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