Attualità

La solita Italia che si spacca e le simpatie per Hamas

di Adolfo Spezzaferro -


In Italia gli effetti della guerra tra Hamas e Israele non giovano al confronto oggettivo né tantomeno alla percezione di sicurezza. I due fronti contrapposti, con i dovuti distinguo, che vedono da una parte i filo-israeliani e dall’altra i filo-palestinesi, sono fattori entrambi destabilizzanti per la sicurezza interna del nostro Paese. In un pericoloso perché volutamente confuso mix di politica, ideologia e ragioni oggettive, la polarizzazione, che assume i contorni della tifoseria, favorisce indubbiamente il fondamentalismo islamico nel nostro Paese. Se andiamo a vedere, infatti, da una parte abbiamo la posizione ufficiale, quella delle istituzioni e del governo (così come dei partiti, compresi quelli di opposizione), al fianco della democrazia israeliana e che condanna Hamas, dall’altro abbiamo le piazze, con manifestazioni che paradossalmente invece di rendere giustizia alla causa palestinese o alla difesa dei valori occidentali rischiano di innescare la reazione opposta. Le manifestazioni per la pace in Medio Oriente e quelle pro-Palestina hanno scatenato la polemica politica perché partiti come il M5S e il Pd non hanno preso debitamente le distanze da chi non condanna Hamas. Tanto che la segretaria dem Elly Schlein ha chiarito che gli esponenti del suo partito che sarebbero scesi in piazza con i grillini di Giuseppe Conte lo avrebbero fatto a titolo personale. Il Pd è atlantista e filo-Ue e quindi schierato con Usa e Israele. Ma la causa palestinese è da sempre uno dei cavalli di battaglia del popolo di sinistra, su cui vorrebbe mettere il cappello Conte (che, a differenza di un Dibba – schierato con Hamas – cambia orientamento politico in base alla convenienza del momento) e al quale non può rinunciare del tutto la Schlein. Da qui le ambiguità calcolate (anche perché si va verso le elezioni europee) per massimizzare i risultati. In ogni caso, la forza della piazza viene diluita dalla polemica politica. A farne le spese è la giusta causa della pace, di un cessate il fuoco immediato e di negoziati, al fine di risparmiare vittime innocenti – i civili palestinesi nella Striscia di Gaza. Su questo punto non ci devono essere dubbi. Eppure finora, gli Usa, la Ue e quindi anche l’Italia non hanno detto basta ai massacri, stop ai bombardamenti. Perché l’Occidente è al fianco di Tel Aviv nella sua guerra contro Hamas. Perché – questa è la tesi – è una guerra tra democrazia occidentale e fondamentalismo islamico. Prima bisogna battere Hamas (che per Israele significa eliminarne fisicamente tutti gli appartenenti), poi si può parlare di accordi con i palestinesi. Nel frattempo però il quadro si fa sempre più incerto e pericoloso. Non solo nell’area della crisi.

Il conflitto Israele-Hamas

A proposito del conflitto in corso, è sbagliato ridurre le ragioni dello scontro Israele-Hamas a questioni prevalentemente religiose, il problema è geopolitico – la lotta fra due popoli che si contendono il diritto di affermare la propria sovranità sul medesimo territorio, all’interno di un più ampio conflitto di interessi fra grandi potenze. In questa ottica, però, la contrapposizione islam-Occidente ha chiaramente radici religiose. L’integralismo islamico è alimentato dall’odio per Israele ma a sua volta compatta il mondo musulmano (in questo quadro si inserisce anche la presa di posizione di Erdogan, schierato con Hamas, definita “forza di liberazione” dei palestinesi). Quello stesso fondamentalismo è la miccia che potrebbe innescare attentati in Occidente, come abbiamo potuto vedere all’indomani dell’inizio dei bombardamenti su Gaza.

Le piazze contrapposte e le simpatie per Hamas

Ecco perché l’altra piazza, quella vicina al governo, è ancora più pericolosa. La manifestazione voluta dal vicepremier Matteo Salvini (a Milano il 4 novembre) è pro-Israele e anti-islam. Benzina sul fuoco se pensiamo agli islamici che si stanno radicalizzando nelle moschee e nelle fabbriche del nostro Paese. A completare il quadro di pericolosa insicurezza ci si mette ancora la sinistra, che, opponendosi alla realizzazione dell’accordo con Tunisi in nome dell’accoglienza indiscriminata, ci espone al rischio di far sbarcare altri potenziali attentatori che un giorno potranno colpire da qualche parte in Italia e in Europa.


Torna alle notizie in home