Politica

“La svolta centrista partirà da Milano e cambierà il Paese”

di Rita Cavallaro -


Ma quanto è “popolare” Letizia Moratti? Il terremoto che ha scosso la Lombardia, con le dimissioni della vice presidente e assessore al Welfare della Regione, apre scenari nuovi sull’orizzonte politico. E sono in tanti a guardare al riposizionamento della Moratti. Tra questi il presidente di Popolari per l’Italia, Mario Mauro. Ex democristiano, ex forzista, già ministro della Difesa nel governo Letta. La mossa della Moratti, per Mauro, “è un fatto che politicamente può segnare una svolta. La rottura con lo schieramento del centrodestra può essere l’inizio di un processo politico nuovo. E penso che la Moratti possa scrivere una pagina di storia italiana”.

Presidente Mauro, lei sta dicendo che Letizia Moratti potrebbe essere il leader di una nuova realtà politica?
“Potrebbe essere il catalizzatore”.

Si spieghi meglio.
“Ritengo che una forza politica che occupi il centro dello schieramento e sappia parlare a destra e a sinistra, con pragmatismo ed equilibrio, sia nel desiderio di tantissimi elettori, sia tra quelli che non sono andati a votare, e sono il 40 per cento, sia tra chi è andato a votare e ha scelto un orientamento reso pubblico dalle dichiarazioni del partito di Giorgia Meloni, lontane dall’oltranzismo del passato. La realtà popolare c’è ancora, come l’area di matrice liberal democratica rappresentata oggi da Carlo Calenda e Matteo Renzi, ma è più nascosta. Si manifesta nelle elezioni locali, con liste civiche popolari che vincono anche. Ma è sotto rappresentata sul piano del dibattito nazionale, perché viviamo la stagione del populismo”.

Che è il vostro principale competitor?
“Populisti e popolari hanno idee diverse, ma curiosamente gli elettori sono gli stessi. E quando nel dibattito civile c’è forte propensione verso soluzioni a portata di mano e scorciatoie, che hanno il compito di cancellare le paure della gente, ovviamente il voto va ai populisti. Basti pensare che i 5 Stelle, nel 2018, hanno avuto più del 50 per cento da soli, in Sicilia, in quella che era una delle grandi aree del centro italiano”.

E allora quale deve essere il ruolo dei popolari?
“Ci si deve ritrovare, per esserci sul piano del dialogo tra tutti coloro che sentono ancora forte questa propensione fatta di pragmatismo, amore per il bene comune e in casi più specifici ispirazione alla dottrina sociale della Chiesa. Devono tornare a parlarsi e stare insieme, risolvere l’equivoco che ha attirato molti che fanno dottrina cristiana verso il Pd. Chiarire inoltre l’equivoco di una presenza che non ha più senso, quella di Forza Italia, perché legata intorno all’importanza del corpo del leader Silvio Berlusconi. E riprendere un cammino, che ha più di un secolo di storia, tornando a dire con chiarezza ciò in cui si crede. Ci vorranno anni? Va bene, ma non è il momento di barattare questa prospettiva né con briciole di potere né con uno o due sottosegretari al governo”.

Cosa pensa dell’Esecutivo Meloni?
“Se è vero che sarà un governo moderato è ancora tutto da capire, ma in quel senso credo che la leader di FdI abbia parlato in modo molto più ampio di quanto non facesse in passato il suo partito, passando dal 4 al 30 per cento”.

Ma i primi atti la convincono?
“Non voglio fare un processo alle intenzioni. Vediamo come si mettono le cose e poi avremo tutta la libertà per poter prendere posizione e intervenire, tenendo presente che, per come conosco Meloni, sono convinto che è una persona con alto senso dello Stato e delle Istituzioni”.

A proposito di Stato, è tornato nel dibattito politico il caso marò. Sia perché Massimiliano Latorre chiede un risarcimento all’Italia e anche perché un esponente di FdI ha chiesto l’istituzione di una commissione d’inchiesta. Lei che giudizio può dare?
“Si è trattata di una pagina molto complessa della nostra vita diplomatica sul piano delle relazioni internazionali. Non dobbiamo dimenticare che l’impiego dei fanti di Marina fu frutto di una convenzione promossa quando al ministero della Difesa c’era Ignazio La Russa. Nel presentare la richiesta dell’istituzione della Commissione d’inchiesta o si ritiene che le norme in oggetto non siano state ottemperate nel negoziato con le autorità indiane o quelle norme non fossero chiare. Se invece la richiesta fa riferimento alla gestione del caso, si è passati dalla fase più drammatica sotto il governo Monti, con il rinvio a Delhi dei nostri fanti di Marina e le dimissioni dell’allora ministro Giulio Terzi, per arrivare alla decisione italiana di ricorrere al Tribunale del Mare per la risoluzione del caso”.

Restiamo sul mare e parliamo delle politiche sui migranti.
“Se l’Italia andasse a un confronto con le norme internazionali su questa vicenda, sarebbe destinata a soccombere”.

Per l’obbligo di salvare le vite in mare?
“Sì, dopodiché sono il primo a pensare che ci sia un posizionamento politico di molte ong che portano avanti delle tesi sui flussi migratori ben diverse dall’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo. Però il nodo vero della questione, che non siamo mai riusciti a sciogliere, è se esista un livello di collaborazione europea analogo a quello che ha portato l’Europa a promuovere l’operazione Atalanta, per combattere gli atti di pirateria contro le navi merci. Non capisco perché non vogliano farlo con le persone, in modo da garantirne la vita. Questo era il cuore di Mare Nostrum, per debellare il traffico di esseri umani”.

In conclusione, c’è pace per l’Ucraina?
“Spetta alla comunità internazionale mettere sul piatto un negoziato di pace, una nuova Yalta che rielabori in chiave di multilateralismo uno scenario internazionale sbilanciato sul ruolo di guardiano del mondo degli Stati Uniti”.


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