Cronaca

La talpa del RenziGate

di Rita Cavallaro -

MATTEO RENZI


Una volta eliminato l’impossibile, ciò che rimane, per improbabile che sia, deve essere la verità. Tocca scomodare Sir Artur Conan Doyle per cercare di fare luce sul caso Renzi-Mancini, l’incontro all’autogrill di Fiano Romano, avvenuto il 23 dicembre 2020 tra l’ex premier e lo 007 capo reparto al Dis, diventato la pietra dello scandalo tanto da meritarsi l’apposizione del segreto di Stato.
Una chiacchierata di tre quarti d’ora, ripresa interamente da un’insegnante che sostiene di essersi trovata lì per caso. Una privata cittadina, attirata da quell’interlocutore che parlava con Renzi e che, secondo lei, era un individuo losco. Per questo la professoressa ha scattato 13 foto e girato due video, mentre attendeva il padre che era andato in bagno in un autogrill chiuso causa Covid. Per 45 minuti. E poi, nonostante fosse del tutto ignara di chi parlasse con Renzi, ha pensato bene, non si sa su quali basi, che la questione potesse essere così rilevante da inviare il materiale alla redazione di Report. Il programma di RaiTre ha infine diramato il servizio televisivo, mandando in mondovisione il volto del già capo del controspionaggio italiano, sotto scorta per minacce del terrorismo, e le cui uniche foto, fino a quel video, erano risalenti al 4 febbraio 2005, quando il dirigente dei servizi riportò dall’Iraq la giornalista Giuliana Sgrena, rapita a Baghdad e liberata 28 giorni dopo grazie al lavoro dell’intelligence, con un’operazione che però finì nell’uccisione del numero due dei servizi segreti, Nicola Calipari. Ebbene, se la fortuna aiuta gli audaci, si potrebbe pensare che l’audace insegnante fu così fortunata da beccare Renzi con Mancini. E che Report abbia addirittura avuto la sorte così tanto favorevole da vedersi imboccare in redazione la vera fonte di tutta la vicenda, l’ex agente del Sismi in pensione che, oscurato e con la voce contraffatta, identificò in tv Mancini nel filmato con Renzi. Insomma, una serie di fortunati eventi che, nel calcolo delle probabilità, va letta come con la stessa casualità di un sei al Superenalotto. E che, eliminando l’impossibile, per improbabile che sia, il caso Renzi-Mancini prefigura che sullo sfondo ci sia una guerra tra spie. Presuppone che qualcuno sapesse di quell’incontro all’autogrill. E che quel filmato non sia frutto di un’intuizione estemporanea di un’insegnante qualunque, la quale attendeva annoiata in auto che il padre tornasse dalla toilette.
La donna, che nei prossimi giorni incontrerà Renzi, ha cambiato ben quattro volte versione sulle circostanze del girato ed è indagata per diffusione di riprese e registrazioni fraudolente. Il suo avvocato si è subito affrettato a specificare che l’autrice del video non è legata al mondo dei servizi segreti e gli inquirenti non hanno smentito. Eppure il mondo delle spie è tale proprio perché è così segreto da rendere molto complicato ricostruire i rapporti. Ne è un esempio lampante Maria Adela, la spia russa che per anni ha macchinato a Napoli senza che nessuno si accorgesse della sua attività. Le attenzioni degli inquirenti si stanno inoltre concentrando sulla fonte di Report, tanto che sono stati acquisiti i tabulati di Sigfrido Ranucci e di Giorgio Mottola per risalire all’ex Sismi che ha fornito la spiata su Mancini. Come ha fatto un agente del Sismi, struttura definitivamente chiusa dal 2007 e cioè 13 anni prima dell’incontro all’autogrill, a sapere che Report aveva quei filmati e a presentarsi in redazione per confermare l’identità del capo reparto del Dis? E che succede dopo quell’identificazione? Repubblica annuncia che sarebbe saltata la scorta a Mancini, esponendolo così a rischi elevatissimi, date le minacce di morte. E l’allora sottosegretario con delega ai Servizi, Franco Gabrielli, lo invita ad andare in pensione. Non male per un video registrato e diffuso per caso. Dall’efficacia assomiglia a un’operazione di controspionaggio. Quel filmato, dicono i rumors, stava già girando tra spie e politici, che lo avevano visto prima che Report lo trasmettesse. Dunque, eliminato l’impossibile, per improbabile che sia, la verità potrebbe configurarsi in un passaparola tra personaggi dell’intelligence, che avveniva proprio nei giorni in cui il governo era in subbuglio per l’ennesima mossa strategica di Renzi, il quale aveva intenzione di far cadere il secondo governo di Giuseppe Conte per sostituirlo con un Esecutivo di larghe intese guidato da Mario Draghi. Cosa che avvenne: Draghi giurò al Quirinale il 13 febbraio 2021. E quel pomeriggio del 23 dicembre 2020, come lo stesso Renzi ha ammesso, aveva dimenticato l’appuntamento con Mancini per lo scambio di auguri. Per cui aveva preso la strada di casa, quando il dirigente dei servizi lo aveva chiamato per avvisare che fosse in arrivo. Il leader di Italia Viva e la spia, a quel punto, avevano deciso di andarsi incontro, a Fiano Romano. Quindi nessuno poteva sapere il luogo di quell’appuntamento. A meno che, almeno uno dei due, non fosse sotto controllo, intercettato al telefono o pedinato. E per quanto improbabile che sia, la verità è che qualcuno li ha beccati, li ha filmati, ha trasmesso il video che ha portato alla fine della carriera di Mancini e ha gettato ombre su Renzi, alimentate poi dalla scelta alquanto controversa del capo del Dis, Elisabetta Belloni, di apporre il segreto di Stato sulle chiacchiere all’autogrill. Il complotto è servito, consumato, alimentato giorno dopo giorno dalla professoressa, dalla fonte di Report, sul cui nome c’è il mistero, dalla dietrologia nelle stanze dei bottoni e nelle camere da letto degli italiani. Perché la missione è stata compiuta. E nel mirino forse non c’era solo Renzi, ma lo stesso Mancini, al centro di una pericolosa guerra tra spie.


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