La teoria arriva da un controverso video del 2005che mostra un presunto esperimento per inibire il fanatismo religioso attraverso la manipolazione di un gene
LA DARPA, L’AGENZIA DEL DIPARTIMENTO DELLA DIFESA USA, E IL GENE DELL’ANIMA: la teoria del vaccino anti-fede
La DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency), l’agenzia del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti specializzata nello sviluppo di tecnologie avanzate per la sicurezza nazionale, ha investito in biotecnologie e vaccini mRNA con l’obiettivo di rafforzare la difesa sanitaria. Tali risorse puntano a contrastare minacce biologiche emergenti e a rafforzare le difese naturali dell’organismo del personale militare.
Questo impegno ha incluso lo sviluppo di piattaforme vaccinali rapide, tecnologie per il rilevamento precoce di agenti patogeni e tecnologie innovative per il potenziamento del sistema immunitario. Nelle ultime settimane, in alcuni ambienti dell’informazione alternativa, è tornata a circolare la notizia secondo cui Pfizer e Moderna, avrebbero collaborato a un programma segreto mirato a sopprimere la spiritualità e la capacità morale degli individui attraverso tecnologie come i vaccini a mRNA, le nanotecnologie, le reti 5G e le scie chimiche.
Il vaccino anti-fede: nasce tutto da un video del 2005
Queste accuse si basano su un controverso video del 2005, denominato “FunVax” (Fundamentalist Vaccine), che mostra un presunto esperimento per inibire il fanatismo religioso attraverso la manipolazione del gene VMAT2. Il filmato, mai confermato da fonti ufficiali, è stato in seguito bollato da molti esperti come un falso costruito ad arte. E’ proprio da quel momento che la teoria ha iniziato a diffondersi, diventando parte integrante della narrativa cospirazionista.
Il VMAT2 (Vesicular Monoamine Transporter 2) è un gene, molto conosciuto dalla comunità scientifica, che codifica una proteina responsabile del trasporto di neurotrasmettitori fondamentali (tra cui dopamina, serotonina, adrenalina e noradrenalina) all’interno delle vescicole sinaptiche del sistema nervoso centrale. Questi neurotrasmettitori giocano un ruolo chiave nella regolazione dell’umore, delle emozioni e della risposta allo stress.
Il genetista Dean Hamer, noto per aver ipotizzato un legame tra VMAT2 e la tendenza alla spiritualità, ha sempre specificato che la sua era un’ipotesi suggestiva, non una prova definitiva. In effetti, ricerche successive hanno dimostrato che i tratti spirituali sono influenzati da una complessa interazione tra fattori genetici, ambientali e culturali. La neuropsicologa Patricia Churchland sottolinea che non è credibile l’idea di “disattivare” concetti complessi come la fede o la morale attraverso la manipolazione di un singolo gene.
Fatto sta che negli ultimi anni DARPA ha ampliato i suoi investimenti in ambiti come il biohacking, la neurostimolazione non invasiva (con progetti come N3) e la ricerca su vaccini RNA auto-amplificanti. Queste tecnologie, sebbene promettenti per scopi medici e difensivi, presentano potenziali applicazioni dual-use. Ad esempio, le interfacce cervello-macchina potrebbero essere impiegate sia per trattare disordini neurologici che per potenziare le capacità cognitive dei soldati.
DARPA, inoltre, da poco ha finanziato programmi per lo sviluppo di “vaccini genetici adattivi”, capaci di modificare l’espressione genica in risposta a esposizioni ambientali. Si tratta di un ambito che solleva interrogativi bioetici ancora inesplorati. Jonathan Moreno, esperto di bioetica, mette in guardia sui rischi etici legati all’uso militare di tecnologie sviluppate per la salute pubblica. Le sue preoccupazioni derivano dal fatto che molte di queste tecnologie possiedono un potenziale “dual-use”. Cioè, strumenti pensati per curare malattie, prevenire pandemie, potenziare le funzioni cognitive possono essere convertiti in mezzi di controllo comportamentale, sorveglianza neuropsicologica, guerra biologica.
Pfizer e Moderna hanno effettivamente collaborato con enti governativi, inclusi il Dipartimento della Difesa e la BARDA (Biomedical Advanced Research and Development Authority, un’agenzia del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti istituita nel 2006) per accelerare lo sviluppo e la distribuzione dei vaccini anti-COVID-19 durante la pandemia. Anche il rischio di bioterrorismo è oggetto di seria attenzione da parte della comunità scientifica e delle agenzie di sicurezza, con particolare riferimento ad agenti patogeni già noti come l’antrace e il vaiolo.
Le malattie dal potenziale pandemico
Un’ulteriore fonte di preoccupazione è rappresentata dalla cosiddetta “Disease X”, una malattia ancora sconosciuta, ma con potenziale pandemico, che è oggi tra le massime priorità nelle simulazioni di risposta sanitaria. In questo contesto, strumenti innovativi come il sequenziamento nanopore portatile e l’epidemiologia digitale stanno aumentando la capacità di rilevare e contenere minacce biologiche su scala globale. Un’iniziativa parallela, denominata “PREEMPT” (Predict and Prevent Emerging Pathogen Threats), finanziata congiuntamente dall’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) e dalla DARPA, studia la possibilità di intervenire sugli animali selvatici vettori di virus zoonotici per prevenire il salto di specie all’uomo. Questo approccio, ancora sperimentale, solleva importanti interrogativi di carattere ambientale ed etico. Le principali agenzie di intelligence occidentali monitorano costantemente le minacce biologiche emergenti su scala globale.
Tra le più rilevanti figurano virus ad alta letalità come l’Ebola, il Nipah e il Marburg, i cosiddetti superbatteri (batteri resistenti agli antibiotici) e le manipolazioni genetiche ad alto rischio, in particolare quelle condotte negli esperimenti di “gain-of-function”, che mirano ad aumentare la trasmissibilità o la virulenza di un patogeno. Come chiarisce il virologo Guido Silvestri, docente alla Emory University, “i laboratori BSL-4 (Biosafety Level 4) sono fra le strutture scientifiche più controllate al mondo. Parlare di complotti in questi contesti è come ipotizzare che un reattore nucleare venga usato per fare il caffè: tecnicamente possibile, ma logicamente assurdo”. Nonostante i controlli multilivello e gli standard di sicurezza, il rischio di un uso improprio o malevolo delle biotecnologie avanzate non può essere escluso.
Negli ultimi anni sono stati documentati diversi incidenti in laboratori ad alta sicurezza (BSL-3 e BSL-4). Tra i più gravi, quello del 2019 al Lanzhou Veterinary Research Institute, in Cina. Un difetto nei sistemi di sterilizzazione causò la dispersione di batteri di Brucella nell’aria. L’episodio scatenò un’epidemia di brucellosi che infettò oltre 10.000 persone. Come avverte Richard Ebright, microbiologo della Rutgers University e tra i massimi esperti di biosicurezza, “la ricerca sul potenziamento di patogeni può creare rischi senza precedenti per la salute globale, con il potenziale di causare pandemie catastrofiche se qualcosa dovesse andare storto, sia per errore che per incidente”.