Politica

La terza vita di Matteo Renzi, uomo solo, non al comando

La terza vita di Renzi ecco il piano per salvare Boschi, Bonifazi e Bonetti dal cappio del Rosatellum.

di Edoardo Sirignano -


Il leader di Italia Viva dopo l’accordo tra Letta e Calenda imita Macron e lancia il partito dei moderati. Ma rischia il flop.

La terza vita di Matteo Renzi. Quello che può sembrare il titolo di un film è quanto vissuto nelle ultime ore dall’ex presidente del Consiglio, trovatosi solo a causa della nuova alleanza tra Partito Democratico e Azione/+Europa. Se prima dell’accordo tra Calenda e Letta un’operazione alla Macron sembrava utopia, il quadro attuale costringe il giglio fiorentino a posizionarsi nella partita con un soggetto simile a “En Marche”, caratterizzato da un’identità molto forte e in grado di raccogliere, sin da subito, coloro che non si ritrovano nella grande ammucchiata immaginata dal segretario dei dem. Salvo cambiamenti dell’ultima ora, perché in politica tutto è possibile, dovrebbero ritrovarsi sulla stessa barca gli ex forzisti, la sinistra, i verdi, i dimaiani e chi più ne ha più ne metta.

L’attuale mission di Iv, quindi, è scordarsi, senza se e senza ma, di quel terzo polo, predicato fino a qualche giorno fa e invece attrezzarsi per una corsa solitaria, che non è detto possa appunto far risorgere chi a livello di strategia non è secondo a nessuno. Quanto rilasciato a Radio Leopolda, nelle ultime ore, è più di un semplice indizio. “Puntiamo dritto – ha dichiarato Renzi – al cinque per cento”. Una percentuale che gli consentirebbe di essere ancora determinante e di diventare ago della bilancia, soprattutto nei collegi considerati in bilico.

Nel caso in cui riuscisse a reinserirsi nella partita sui territori, considerando l’attuale sistema elettorale, potrebbe ancora essere il king maker della politica nazionale. In caso di parità o di una vittoria non schiacciante di una delle due coalizioni, quei dieci-quindici voti dei parlamentari di Iv diventerebbero vitali. Ecco perché non c’è tempo da perdere nel cambio di look, indispensabile per la rivoluzione in solitaria.

Per capire, però, come si è arrivati a questo punto, bisogna partire dalle origini. La prima fase è quella dell’ex presidente della Provincia, o meglio ancora del giovane sindaco che intende ritagliarsi a tutti i costi uno spazio nel Partito Democratico. Una sfida che gli riesce molto bene. L’amministratore, grazie alla rottamazione, nel giro di pochissimo tempo, non solo riesce ad accaparrarsi le redini del Nazareno, portando il partito addirittura al 40 per cento, ma soprattutto è in grado di trovarsi a capo di un esecutivo di cui è leader indiscusso. Resta una pietra miliare la frase “stai sereno” con cui la Leopolda manda a casa Letta e rottama la vecchia classe dirigente dei Ds e della Margherita. Il governo va avanti, le riforme proseguono fino a quando quel Pd non sceglie di rivedere l’assetto costituzionale del Paese. Si arriva, quindi, al referendum, che però si rivela un ostacolo senza precedenti e nei fatti costringe l’allora presidente del Consiglio a dimettersi e a svolgere un ruolo secondario nello scenario nazionale.

Renzi, da uomo al centro dei riflettori, è costretto ad agire nell’ombra. Gli storici avversarsi della sinistra riprendono forza e il rischio isolamento è dietro l’angolo. Diversi i fedelissimi che lasciano il Big Bang per sposare le correnti. L’ormai ex premier, quindi, è costretto a rivalutare la strategia. Nasce così Italia Viva e inizia la seconda vita. Il nuovo soggetto politico, però, è l’apripista di un progetto più ampio che vede protagonista un terzo polo, alternativo a centrodestra e centrosinistra. Le percentuali di Iv non fanno venire i brividi, ma il piano stavolta è di ampio respiro.
Ecco perché Renzi non demorde e sfruttando le circostanze del momento si colloca da una parte e dall’altra a seconda della convenienza. Dalle regionali alle amministrative, pertanto, troviamo un partito, che senza troppe spiegazioni, una volta appoggia il sindaco ex An e un’altra il governatore sponsorizzato dalla sinistra.

Stesso discorso vale per la linea adottata durante gli anni della pandemia. Il partitino moderato si colloca sempre a seconda di dove tira il vento. Nel frattempo, però, spunta una novità. Si chiama Azione. A sorpresa nelle ultime comunali di Roma supera un Pd in caduta libera. Ecco perché Renzi vede nel suo ex ministro Calenda l’interlocutore migliore per ricostruire la Dc 2.0. I confronti sono all’ordine del giorno, così come gli ammiccamenti e le battaglie comuni.
Tale strategia, però, non fa altro che rafforzare il Pd e portare al minimo storico il partito del giglio, che addirittura si attesta intorno al 2 per cento. Il sogno del terzo polo non piace agli italiani, che preferiscono il modello delle due grandi coalizioni. Uno schema favorito da una riforma delle legge elettorale, sempre predicata e mai realizzata.

I tagli dei parlamentari, voluti dai 5 Stelle, preoccupano, quindi, Renzi che a questo punto deve inventarsi qualcosa. Il momento è quello giusto per rimescolare le carte. Lo stratega toscano si piazza nel governo della responsabilità di Draghi, posizione che gli consente di dialogare con tutti e di ritornare a essere al centro dell’attenzione. Un balcone, quindi, che gli consente di tenere aperto il discorso relativo alla grande casa dei moderati, ma allo stesso tempo di rafforzare l’idea di un partito indipendente che possa andare avanti senza essere parte integrante di una coalizione.

Quel pensiero diventa concretezza nella giornata di ieri, quando Calenda toglie la maschera. Finalmente è chiaro come l’ex titolare del Mise ha solo bluffato sul terzo polo, mentre il suo vero obiettivo era ritagliarsi uno spazio tra le stanze del Nazareno.

Durissime, quindi, le parole di Matteo: “Vi era un’occasione straordinaria per mettere insieme un qualcosa che potesse arrivare in doppia cifra, che avrebbe reso più difficile la vittoria degli avversari, ma gli amici di Azione hanno scelto di fare un’altra cosa. Hanno messo insieme un’alleanza che rispettiamo, ma che poco ha a che vedere con la politica”.
Per Italia Viva è impossibile condividere uno spazio con i progressisti vicini a Fratoianni, nonché con quelle anime più estreme. Da qui inizia la cosiddetta terza vita di Renzi, ovvero la corsa solitaria con Italia Viva.

Il piano è dare un’alternativa reale a quei moderati che non vogliono ritrovarsi nel minestrone immaginato da Letta e Calenda o fare da stampella a Meloni e Salvini. La necessità, quindi, di riscoprire la vocazione identitaria e di prendere le distanze dall’ammucchiata.


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