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La tratta di esseri umani: quando i migranti diventano schiavi

di Redazione -


La tratta degli esseri umani, che spesso si manifesta come una più grave specificità all’interno del fenomeno dell’immigrazione illegale, costituisce un rischio per la sicurezza nazionale e internazionale, in quanto risulta essere una delle fonti di reddito più interessanti per il crimine transnazionale, in particolare per le reti della criminalità straniera. È quanto emerge dal rapporto 2016-2020 del Servizio Analisi Criminale, struttura interna e partecipata alle forze dell’ordine che attraverso l’incrocio di dati e la compartecipazione di diverse figure professionali tra Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia Penitenziaria, indaga e caratterizza i fenomeni criminali nel nostro Paese. Il focus dell’indagine prende in esame, a livello nazionale, situazioni riconducibile alla tratta di esseri umani, vista all’interno del fenomeno dell’immigrazione clandestina. Come ormai noto, a livello internazionale, viene effettuata una distinzione fra smuggling, ovvero l’introduzione illegale di migranti nel territorio di uno Stato e il trafficking, ossia lo sfruttamento sessuale o economico in condizioni analoghe alla schiavitù. In sintesi, lo smuggling si qualifica come una relazione “contrattuale” fra migrante e trafficante che, di solito, termina quando il beneficiario arriva a destinazione, mentre il trafficking si basa sullo sfruttamento intensivo del migrante, talvolta già durante il viaggio, e sicuramente al termine dello stesso. Il clandestino vittima di tratta, spesso gravato dal debito contratto con chi finanzia il suo trasferimento, subisce gravi forme di sfruttamento che il nostro codice penale sanziona con i delitti di riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù, di tratta di persone e di acquisto e alienazione di schiavi. Benché le vittime della tratta degli esseri umani non necessariamente coincidano sempre con i migranti illegali, spesso i due fenomeni sono strettamente correlati. Infatti, dalle testimonianze delle vittime frequentemente emerge che hanno intrapreso il viaggio con la speranza di trovare una sistemazione migliore all’estero. Non è facile distinguere il migrante illegale dalle vittime di tratta in quanto, pur trattandosi di fenomeni che coinvolgono il migrante in maniera diversa, le strutture organizzative dei sodalizi criminali sono spesso articolate su livelli operativi integrati. I mercati più remunerativi dove le vittime di tratta (spesso anche minorenni) vengono sfruttate risultano essere quello sessuale, quello del lavoro (soprattutto nei settori agricolo, edile, manifatturiero e della ristorazione), dell’accattonaggio e spesso in attività illegali (come ad esempio lo spaccio di stupefacenti, i furti e la ricettazione). La tratta di esseri umani si delinea come una inaccettabile e attualissima nuova schiavitù che alimenta altre forme di illegalità sul territorio quali la prostituzione, il caporalato, lo spaccio. Il traffico di esseri umani evidenzia, inoltre, una spiccata vocazione transnazionale e una particolare esposizione del nostro territorio, sia via mare che per via aerea e terrestre, ai movimenti migratori, alimentati da soggetti che nella speranza di sfuggire da guerre e carestie sono pronti ad indebitarsi e a subire violenze e privazioni di ogni genere anche a rischio della propria vita. L’Italia può rappresentare sia la meta che il transito di questi flussi, poiché una parte di chi arriva in Italia, sfruttando l’accessibilità delle coste e la posizione geografica, lo fa nel tentativo di ricongiungersi con nuclei familiari che risiedono nel nord Europa, dove le politiche di immigrazione sono differenti da quelle italiane. Le indagini condotte dalle forze di Polizia, sul nostro territorio nazionale hanno evidenziato che le nazionalità più attive nella tratta degli esseri umani sono quella nigeriana, seguita da quella romena, italiana e albanese. In linea generale, le vittime di tratta sono della stessa nazionalità dei propri aguzzini con i quali condividono i legami etnico-culturali. La criminalità nigeriana, per lo sfruttamento della prostituzione sul nostro territorio, evidenzia una collaudata metodologia operativa, evitando qualsiasi tipo di conflittualità con le altre organizzazioni criminali presenti. I trafficanti nigeriani, mantenendo legami stabili con il Paese d’origine (da dove spesso agisce il livello apicale dell’organizzazione), sono agevolati da una fitta rete di collegamenti e di referenti che agiscono sia in territorio africano che in Europa. Ciò permette loro di perpetrare condotte criminali di tratta e di riduzione in schiavitù di giovani donne, in molti casi minorenni, avviate alla prostituzione, nonché di praticare vero e proprio commercio di schiavi, individui ormai incastrati nelle maglie dell’organizzazione criminale da sfruttare sessualmente, nello spaccio di droga e altri reati. Per quanto riguarda i dati aggregati relativi alle segnalazioni di persone denunciate o arrestate per i reati inerenti al fenomeno in esame, la lettura delle statistiche per i delitti direttamente legati alla tratta degli esseri umani manifesta, complessivamente, un incremento nel 2017 (quando la somma delle persone segnalate, per tali violazioni, risulta pari a 462, a fronte delle 350 registrate per l’anno 2016), cui ha fatto seguito una diminuzione negli anni successivi (nel 2018 le persone segnalate sono state 409 mentre, per il 2019, ne vengono censite 323). Nell’anno 2020 le segnalazioni finora censite in Italia, relativamente ai citati delitti, risultano nel complesso 254, dunque in decremento del 21,4% rispetto a quelle del precedente anno.

Redazione Eurispes


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