Esteri

LA TREGUA FRAGILE – Israele attacca l’esercito siriano nel Sud del Paese in difesa della minoranza drusa

di Monica Mistretta -


In Siria si parla ancora di guerra. Ieri caccia israeliani hanno colpito mezzi militari dell’esercito siriano che si dirigevano verso Suwayda, a sud di Damasco, per sedare violenti scontri tra drusi e clan sunniti locali. In un comunicato congiunto Netanyahu e il ministro della Difesa israeliano Katz hanno dichiarato che la presenza delle forze siriane nel Sud della Siria non solo rappresenta un attacco diretto alla minoranza drusa, ma contravviene anche alla politica di demilitarizzazione dell’area, indispensabile per la sicurezza del confinante Israele. Pochi istanti dopo l’intervento dei caccia israeliani, il ministro della Difesa siriano Murhaf Abu Qasra ha annunciato il cessate il fuoco. L’agenzia di Stato SANA si è affrettata a postare su X un filmato che ritraeva il ritiro dalla periferia di Suwayda di una lunga colonna di mezzi militari pesanti.

Da maggio il Sud della Siria è zona demilitarizzata sotto il controllo di forze di sicurezza composte da drusi. A portare a questo accordo con il governo centrale di Damasco era stato un precedente round di scontri settari tra drusi e clan sunniti fedeli al presidente siriano Al Shara. Scatenatesi ad aprile, le violenze avevano finito per coinvolgere gran parte del Sud della Siria. Anche in quell’occasione l’intervento israeliano in supporto dei drusi era stato decisivo.

Quando il 2 maggio l’aviazione di Israele aveva colpito Damasco in prossimità del palazzo presidenziale, Netanyahu aveva definito l’azione un messaggio inequivocabile: Israele non avrebbe consentito il dispiegamento dell’esercito siriano a Sud della capitale. Durante gli scontri di ieri a Suwayda le autorità religiose druse hanno condannato con forza l’intervento dell’esercito siriano, dipingendolo come un pretesto per entrare in armi nella provincia. L’influente sheikh Hikmat al-Hijri, che nelle prime ore aveva dato il benvenuto all’esercito di Damasco, aveva poi invitato la popolazione drusa a ribellarsi con ogni mezzo all’invasione. È probabile che l’avvicinarsi della colonna di mezzi militari pesanti in direzione della città martedì mattina abbia messo in allarme tutti. Un conto è un dispiegamento di soldati, un altro un’invasione con carri armati.

Dà da pensare anche la scintilla che ha dato il via agli ultimi scontri: il rapimento di un venditore druso nei pressi di Suwayda. Nelle stesse ore, in un luogo non meglio precisato del Sud della Siria, l’esercito israeliano si impossessava di uno dei più grandi arsenali appartenuti all’ex regime di Bashar al Assad, completo di mine anticarro, esplosivi e missili.

Tra Israele e Siria languono le trattative per l’accordo di pace voluto da Trump. Domenica, mentre la tensione tra i due Paesi esplodeva in Siria, ufficiali siriani e israeliani si incontravano a Baku, in Azerbaijan, per discutere di cooperazione energetica. Un tempismo perfetto. Non risulta che il presidente siriano Shara, presente nella capitale dell’Azerbaijan, abbia avuto incontri diretti con la controparte. Incontri di persona non ci sono stati nemmeno a Bruxelles, dove i ministri degli Esteri dei due Paesi stavano partecipando alla riunione europea Vicinato-Sud. Anzi, il ministro degli Esteri siriano Asaad al-Shaibani, in un’intervista da Bruxelles, ha approfittato per dire che nessuno ha il diritto di interferire negli affari interni del suo Paese.
Trump, però, è fiducioso, in Siria come a Gaza: l’accordo è vicino. Sempre che Damasco, prima della firma, non cerchi di recuperare la provincia di Suwayda.


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