Esteri

La web-censura “d’emergenza” così la Cina reprime le proteste

di Martina Melli -

Xi JINPING (President of the People's Republic of China)


Per smontare il clamore delle proteste, la Cina ha introdotto delle misure di censura online di livello “emergenziale”. È quanto trapelato su Twitter, in relazione a speciali direttive che il Governo ha recentemente rilasciato alle piattaforme cinesi.
All’interno del Paese, negli ultimi giorni, non solo sono stati sequestrati e controllati i telefoni cellulari delle persone fermate in piazza, ma sono state anche buttate giù tutte quelle reti private virtuali (vpn), utilizzate dai manifestanti per uscire dalla bolla dell’Internet nazionale e aggirare la censura online, riuscendo così ad accedere a siti web vietati, stranieri, o alle app di social media.
Dal 25 novembre, dopo l’ennesima stretta “zero-Covid” e dopo un terribile incendio in cui sono morte 10 persone anche a causa della difficoltà di spostamento dovuta alle restrizioni, il popolo è insorto, dando il via ad un momento straordinario nella storia della Cina.
In tutte le principali città del Paese si sono registrate sommosse e manifestazioni, e la repressione istituzionale ha mostrato, ancora una volta, cosa significhi vivere sotto il controllo di un regime dispotico.
La protesta, fin da subito, ha preso i contorni di una vera e propria rivolta contro il Governo del Presidente Xi Jinping, il quale ha risposto con una strategia “bastone e carota”, allentando parzialmente regole e chiusure, ma allo stesso tempo, silenziando duramente l’insofferenza e le fragorose richieste dei cittadini.
La Cina si sta ribellando, e lo sta facendo, a quanto sembra, soprattutto tramite l’utilizzo della tecnologia e della rete, da tempo controllate e gestite dall’alto.
Le autorità, come è emerso su Twitter, appaiono molto preoccupate per il crescente interesse dei cittadini nell’eludere il cosiddetto “Great Firewall” nazionale.
Le manifestazioni sono state rigorosamente censurate sui media, ma i manifestanti si sono organizzati altrimenti.
Le famose direttive d’emergenza, pubblicate e tradotte anche dal China Digital Times – un sito di notizie incentrato sulla censura – provenivano dall’amministrazione del cyberspazio cinese e hanno annunciato una “Risposta di emergenza Internet di livello I, il più alto livello di gestione dei contenuti”.
In particolare, queste nuove linee guida, ordinano ai manager di rafforzare la gestione dei propri siti, per identificare rapidamente, trattare e riportare informazioni su ciò che viene definito “disturbo offline”. Anche le piattaforme di e-commerce sono tenute a “ripulire” la disponibilità di prodotti, app e “contenuti dannosi” progettati per aggirare le restrizioni di Internet, come le vpn.
Il malcontento legato al governo sempre più autoritario e globalmente isolato di Xi, è stato ulteriormente portato in superficie dalla morte dell’ex leader cinese Jiang Zemin, avvenuta lo scorso 30 novembre.
Negli ultimi anni infatti, molti giovani hanno iniziato a guardare con affetto all’era Jiang, e dal giorno della sua morte, è scoppiata una tempesta online di meme e post che, in contrapposizione a Xi, guardano con nostalgia al vecchio presidente.
Nella giornata di giovedì, centinaia di persone si sono radunate a Yangzhou, città natale dell’ex leader, per rendergli omaggio.
Siccome in Cina, in occasione dei raduni pubblici per la morte dei capi del passato, si usa esprimere malcontento per quelli del presente, il personale di sicurezza intorno all’abitazione di Jiang, ha fatto spostare gruppi di persone appostati lungo il perimetro dell’edificio per evitare l’ennesima manifestazione di frustrazione nei confronti dell’attuale Premier. Politica zero-Covid, tradizioni ed economia in bilico a parte, sembra proprio che ogni “scusa” sia buona per far sentire lascontentezza cinese nei confronti del Governo comunista di Jinping.
Come dare loro torto.


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