LABORATORI VECCHI, PIOVE DENTRO E TOPI

Se la parabola della Città della Speranza è virtuosa, con la guarigione di migliaia di bambini ammalati di tumore grazie alla generosità dei privati, quella del Centro nazionale delle ricerche di Padova è al contrario il paradigma della vergogna. Non tanto, va subito detto a scanso di equivoci, per la qualità del personale di chi vi lavora, oltre 300 scienziati e ricercatori di assoluto valore internazionale che meriterebbero ben altro trattamento, ma per le condizioni scandalose in cui gran parte di loro da decenni è costretta a lavorare nonostante le tante promesse mai mantenute. Come quei 6 milioni di euro che erano stati incassati nel 2006 dal ministero per la cessione di una porzione di terra proprio alla Città della Speranza per costruire la famosa Torre e che sarebbero dovuti servire per realizzare i nuovi laboratori. Chissà se la presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Maria Chiara Carrozza, è consapevole che centinaia di fior di suoi colleghi sono costretti a lavorare in laboratori che sembrano baracche in cui piove dentro dai tetti e dove non è raro trovare topi che la fanno da padrone. La circostanza più incredibile è che gli edifici del Cnr patavino, di cui presidente del Comitato d’area è la prof. Nadia Minicucci, si trovano a poche decine di metri dalla Torre dell’istituto di ricerca pediatrica della Città della Speranza, nella vasta area di 170 mila medi quadrati in cui sorgono anche i laboratori del Consorzio Rfx, in cui i fisici studiano la fusione nucleare. Così in pochi metri ci sono ricercatori che immersi nella frontiera della ricerca scientifica lavorano con strumentazioni di prim’ordine in un ambiente di eccellenza, e altri colleghi che non sono da meno ma che devono combattere con sorci e amenità simili, e quando piove devono mettere secchi e secchielli in giro per i laboratori. Cose da non credere. Così succede che i ricercatori di sette istituti come Geoscienze e georisorse, Neuroscienze, Scienze dell’atmosfera e clima, Ricerca per la protezione idrogeologica, Chimica della materia condensata e di tecnologie per l’energia, Scienze polari e Tecnologie delle costruzioni, sono di fatto i parenti poveri pur avendo dei curricola di assoluto valore. Proprio di recente è stato predisposto un progetto per rifare completamente l’area della ricerca con una spesa prevista di 22 milioni di euro. E questo in vista del possibile ottenimento dei fondi del Pnrr. Ma in cassa ci sarebbero solo 6 milioni di euro e anche per stavolta “adda passà

’a nuttata”, nel senso che si dovrebbe riuscire a mettere a posto i tetti dei laboratori. Che dunque rimarrebbero sempre nei prefabbricati. Ecco spiegato il motivo perché lo scandalo del Cnr di Padova rimane tale da anni.

Se la parabola della Città della Speranza è virtuosa, con la guarigione di migliaia di bambini ammalati di tumore grazie alla generosità dei privati, quella del Centro nazionale delle ricerche di Padova è al contrario il paradigma della vergogna. Non tanto, va subito detto a scanso di equivoci, per la qualità del personale di chi vi lavora, oltre 300 scienziati e ricercatori di assoluto valore internazionale che meriterebbero ben altro trattamento, ma per le condizioni scandalose in cui gran parte di loro da decenni è costretta a lavorare nonostante le tante promesse mai mantenute. Come quei 6 milioni di euro che erano stati incassati nel 2006 dal ministero per la cessione di una porzione di terra proprio alla Città della Speranza per costruire la famosa Torre e che sarebbero dovuti servire per realizzare i nuovi laboratori. Chissà se la presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Maria Chiara Carrozza, è consapevole che centinaia di fior di suoi colleghi sono costretti a lavorare in laboratori che sembrano baracche in cui piove dentro dai tetti e dove non è raro trovare topi che la fanno da padrone. La circostanza più incredibile è che gli edifici del Cnr patavino, di cui presidente del Comitato d’area è la prof. Nadia Minicucci, si trovano a poche decine di metri dalla Torre dell’istituto di ricerca pediatrica della Città della Speranza, nella vasta area di 170 mila medi quadrati in cui sorgono anche i laboratori del Consorzio Rfx, in cui i fisici studiano la fusione nucleare. Così in pochi metri ci sono ricercatori che immersi nella frontiera della ricerca scientifica lavorano con strumentazioni di prim’ordine in un ambiente di eccellenza, e altri colleghi che non sono da meno ma che devono combattere con sorci e amenità simili, e quando piove devono mettere secchi e secchielli in giro per i laboratori. Cose da non credere. Così succede che i ricercatori di sette istituti come Geoscienze e georisorse, Neuroscienze, Scienze dell’atmosfera e clima, Ricerca per la protezione idrogeologica, Chimica della materia condensata e di tecnologie per l’energia, Scienze polari e Tecnologie delle costruzioni, sono di fatto i parenti poveri pur avendo dei curricola di assoluto valore. Proprio di recente è stato predisposto un progetto per rifare completamente l’area della ricerca con una spesa prevista di 22 milioni di euro. E questo in vista del possibile ottenimento dei fondi del Pnrr. Ma in cassa ci sarebbero solo 6 milioni di euro e anche per stavolta “adda passà

’a nuttata”, nel senso che si dovrebbe riuscire a mettere a posto i tetti dei laboratori. Che dunque rimarrebbero sempre nei prefabbricati. Ecco spiegato il motivo perché lo scandalo del Cnr di Padova rimane tale da anni.
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